Se il ristorante si trasforma in tela urbana per un artista ogni quattro mesi. Succede a Roma nel quartiere Ostiense dove sta per partire il progetto SkinTaste
Un duemilatredici sempre più all’insegna delle convergenza delle discipline e, in particolare, delle suggestioni dell’arte e del food. Succede a Roma, dove uno dei ristoranti di maggior successo aperti alla fine dello scorso anno sperimenta un percorso di avvicinamento all’arte contemporanea utilizzando la superficie esterna dello stabile in cui è ospitato. Uno stabile particolare perché, […]
Un duemilatredici sempre più all’insegna delle convergenza delle discipline e, in particolare, delle suggestioni dell’arte e del food. Succede a Roma, dove uno dei ristoranti di maggior successo aperti alla fine dello scorso anno sperimenta un percorso di avvicinamento all’arte contemporanea utilizzando la superficie esterna dello stabile in cui è ospitato. Uno stabile particolare perché, in una città con poche industrie, si tratta proprio di un ex magazzino nella zona Ostiense, area produttiva di Roma che sta subendo negli ultimi anni un interessante passaggio di riconversione con tante archeologie industriali che si stanno tramutando in altro. Un esempio è la Centrale Montemartini, pioniera in questo senso, che da powerplant che dava energia elettrica a tutta l’area è diventata un suggestivissimo contenitore di archeologia. Un altro esempio sono gli Ex Mercati Generali, dove è in corso il cantiere che trasformerà l’enorme compound in un centro commerciale (auguriamoci) di qualità, con firma architettonica di Rem Koolhaas.
In questa scia vogliono inserirsi i titolari di Porto Fluviale, grande spazio polifunzionale dedicato al cibo di qualità disegnato, negli interni, dall’architetto Roberto Liorni e ospitato in un bel deposito ferroviario degli Anni Venti. Proprio l’esterno del deposito diventerà protagonista artistico dello skyline dell’Ostiense. Non un approccio streetartistico però (già sperimentato in altri casi nel quartiere anche con buon successo), bensì un incubatore di talenti all’aperto, una superficie a disposizione di tutti (un “museo obbligatorio”, direbbe Achille Bonito Oliva) che ogni quattro mesi, a partire da questa primavera, sarà a disposizione di un nuovo artista selezionato da Adriana Rispoli, curatrice partenopea fino a qualche tempo fa in forze al Madre di Napoli. Il progetto si chiamerà SkinTaste e la curatrice ci anticipa qualche elemento. “Si tratta di un appuntamento di arte pubblica che punta a diventare qualcosa di cadenzato e riconoscibile per gli abitanti del quartiere e per i vistatori” spiega la Rispoli, che aggiunge: “Il tema? Sarà naturalmente quello del cibo, affrontato secondo le più libere e aperte interpretazioni di ogni singolo artista nell’ottica di una contaminazione tra i due mondi”.
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