Come graffia, Rocco Moliterni! Si inserisce nel dibattito partito da Artribune e su La Stampa lancia moniti al PD: i musei di arte contemporanea sono espressione di una intellighenzia autoreferenziale, è ora di voltare pagina.
“Finalmente il dibattito sulla crisi dei musei d’arte contemporanea nel nostro Paese sembra uscire dalle pagine di testate specializzate come il Giornale dell’Arte o Artribune”. Attaccano così i Graffiti odierni di Rocco Moliterni su La Stampa, con l’elzevirista che interviene come un panzer nel dibattito che – da tempo, ormai – anima le pagine digitali della nostra testata ed […]
“Finalmente il dibattito sulla crisi dei musei d’arte contemporanea nel nostro Paese sembra uscire dalle pagine di testate specializzate come il Giornale dell’Arte o Artribune”. Attaccano così i Graffiti odierni di Rocco Moliterni su La Stampa, con l’elzevirista che interviene come un panzer nel dibattito che – da tempo, ormai – anima le pagine digitali della nostra testata ed eccita la verve dialettica dei commentatori (più o meno compulsivi). Siamo, tecnicamente, nel pieno del silenzio elettorale: ma se Silvio Berlusconi può permettersi di attaccare i magistrati dalla sala stampa di Milanello, approfittando del derby per aggirare l’invito al silenzio, allora vale tutto: e ci sta, dunque, la requisitoria di Moliterni nei confronti di una intellighenzia mai così autoreferenziale. L’anamnesi familiare dei musei d’arte contemporanea, in Italia, appare semplice: “sono nati […] come giocattoli di un moderno Principe. Questo in Italia si incarna in genere in un assessore alla Cultura o politico di sinistra”. Le prove? “A volere Rivoli fu il comunista Giovanni Ferrero”; e da qui via fino al MADRE di un Bassolino “Mitterand partenopeo” e al Maxxi ideato da Walter Veltroni, all’epoca ministro della Cultura. Ma gli strali, quelli veri, partono quando si tratta di valutare come l’establishment di centrosinistra ha gestito i suddetti “giocattoli”: “invece di chiedere ai vari ministri […] una politica per il contemporaneo, il Pd si è accontentato di accaparrarsi le poltrone dei vertici dei musei, da Minoli alla Melandri”.A poche ore dalla chiusura delle urne, così scrive una delle firme più autorevoli di uno tra i più sobri quotidiani italiani. Segno che, a prescindere dall’esito elettorale, la misura è prossima ad essere colma. E il contemporaneo non è più affare per pochi intimi.
– Francesco Sala
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