Curatori si nasce? Di certo ci si può diventare. Scegliendo il master dello IED di Roma, per esempio. Ma quanto appeal ha questa figura? E quanto è utile un percorso in aula?
Sempre più attivo e incisivo lo IED, nel campo della formazione e del perfezionamento post-laurea. Tra le molte offerte messe sul piatto dal prestigioso Istituto Europeo di Design, c’è anche il “Master in Curatore museale e di eventi”, realtà ormai consolidata, che in sette anni ha conquistato consensi sulla scena romana. È infatti presso la sede […]
Sempre più attivo e incisivo lo IED, nel campo della formazione e del perfezionamento post-laurea. Tra le molte offerte messe sul piatto dal prestigioso Istituto Europeo di Design, c’è anche il “Master in Curatore museale e di eventi”, realtà ormai consolidata, che in sette anni ha conquistato consensi sulla scena romana. È infatti presso la sede dello IED di Roma che ritorna, a partire dal prossimo aprile, la nuova edizione di questo iter formativo. Due le Borse di studio offerte, a copertura del 50% della retta di frequenza. E a mettere in evidenza il valore di un master come questo, dal punto di vista degli sbocchi occupazionali, è Viviana Gravano, storica dell’arte e coordinatrice: “La coniugazione della teoria con un forte approccio pratico e fattivo fornisce agli allievi una preparazione ben spendibile nell’attuale mondo del lavoro. Alcuni nostri masteristi sono entrati in grandi strutture museali, hanno aperto una propria attività espositiva o collaborano come free lance in strutture sia pubbliche che private”.
Dunque, stando alle esperienze pregresse, pare che la possibilità di inserirsi in questo difficile settore, ci sia eccome. E c’è per un motivo, soprattutto: “Il plus importante del Master”, continua Gravano, “è che durante il corso si entra in contatto con tutti i più importanti professionisti del settore – dai direttori di musei, ai curatori, agli uffici stampa ai free lance curator – avendo la grande opportunità di imparare da loro e di poterli conoscere da vicino”. Studiare, dunque, ma anche entrare nel vivo di un circuito, iniziando a prendere contatti e a osservare da vicino contesti, pratiche, dinamiche.
E mentre la discussione sulla figura del curatore è sempre viva, tra chi ne sostiene la funzione strategica sul piano critico e organizzativo, e chi ne sottolinea inadeguatezza e ambiguità, una cosa è certa: assodato che non è un corso a sfornare, da solo, un valido curatore, l’occasione di mettere un piede dentro al benedetto art system, cominciando a masticare rudimenti e a tessere relazioni, resta allettante. I nostalgici dei critici d’arte old style se ne facciano una ragione: oggi, per prendersi cura di ogni buon pacchetto-mostra, non può mancare l’ormai mitologica figura del “curatore indipendente” (insopportabile definizione, come tutte le definizioni cool). Il quale, ogni tanto, si spera metta un po’ d’impegno anche nel prendersi cura degli artisti. Perché vanno bene il marketing e la comunicazione, va bene il fundraising, va bene essere a un tempo pr, art advisor e manager culturali, ma le belle conversazioni negli studi, andando a scovare talenti nuovi e provando a stimolare dibattiti critici con quelli vecchi, resta una sana, sacrosanta, straordinaria attività. Che, questa no, non s’impara tra le pareti di un’aula.
– Helga Marsala
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati