Il Bukowski italian style che (ri)conquista l’America: Emiliano Ponzi merita, a New York, la medaglia d’oro della Society of Illustrators. Linee sobrie e tinte soft per le sue copertine dei classici editi da Feltrinelli
Storie di ordinari talenti da esportazione: a insegnare agli americani come approcciare Charles Bukowski in modo nuovo, liberi dal cliché dello scrittore beone e volgare, c’è voluta una matita italiana. Quella di Emiliano Ponzi (Reggio Emilia, 1978), talentuoso illustratore che in una decina d’anni di attività ha inanellato collaborazioni con tutte le maggiori testate e […]
Storie di ordinari talenti da esportazione: a insegnare agli americani come approcciare Charles Bukowski in modo nuovo, liberi dal cliché dello scrittore beone e volgare, c’è voluta una matita italiana. Quella di Emiliano Ponzi (Reggio Emilia, 1978), talentuoso illustratore che in una decina d’anni di attività ha inanellato collaborazioni con tutte le maggiori testate e case editrici del Paese: passando da La Repubblica al gruppo Mondadori, e finendo per aprire intriganti collaborazioni oltreoceano. Con Economist, Newsweek, New York Times e New Yorker: e proprio nella Grande Mela il suo stile pare avere attecchito in modo deciso e profondo. Al punto che arriva, in questi giorni, il riconoscimento dell’ultracentenaria Society of Illustrators, Olimpo dei disegnatori americani: a Ponzi va la Medaglia d’Oro nella categoria Art Serial and Sequential, riconoscimento assegnato nell’ambito dell’annuale sfilza di premi che l’associazione distribuisce ai guru del graphic design. La menzione arriva per il lavoro consegnato a Feltrinelli: nove cover per altrettante riedizioni, in economica, dei classici di Bukowski. Le cui intemperanze – non solo dialettiche – vengono addolcite in una tavolozza pastello, e in atmosfere che sembrano trovare la quadra tra la scarna linearità dei paesaggi di Edward Hopper e l’ammiccante immediatezza pop di Julian Opie. Per l’illustratore italico una conferma, che arriva dopo le due medaglie già messe in bacheca nel 2011 .
– Francesco Sala
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