“La Melandri si deve dimettere”. Gli irresponsabili indignados di casa nostra fanno un polverone addosso al Maxxi perchè il presidente ha scelto un segretario generale non esperto d’arte contemporanea. Calmateli
Non ci crederete, ma dopo la patetica canizza dei giorni scorsi sulla non-proiezione del film di Bill Emmott, sul Maxxi piomba addirittura una richiesta di dimissioni per il neopresidente Giovanna Melandri. Una lettera, che analizzeremo, che enumera tutte le “colpe” della ex parlamentare del PD traendo le conclusioni di una sua inadeguatezza e addirittura, con […]
Non ci crederete, ma dopo la patetica canizza dei giorni scorsi sulla non-proiezione del film di Bill Emmott, sul Maxxi piomba addirittura una richiesta di dimissioni per il neopresidente Giovanna Melandri. Una lettera, che analizzeremo, che enumera tutte le “colpe” della ex parlamentare del PD traendo le conclusioni di una sua inadeguatezza e addirittura, con un arzigogolo non da poco, chiamando in causa Nicola Zingaretti il quale, in qualità di candidato presidente della Regione Lazio, potrà, in caso di vittoria elettorale, avere voce in capitolo nel Museo essendo la Regione azionista della Fondazione Maxxi. E già sale l’emicrania. Ma ripartiamo dall’inizio e analizziamo la lettera porzione per porzione. La missiva, che ancora reca poche decine di firme in calce, è una lettera aperta diretta a Giovanna Melandri, a Lorenzo Ornaghi, ai vertici del PD (???) ed al candidato Nicola Zingaretti (???). Bon.
Il testo parte amichevole: “la Melandri non ha competenze e titoli per gestire una roba così specialistica come l’arte contemporanea”. Certo, si può sempre far meglio, ma qui si rischiano di confondere il ruolo di presidente con quello di direttore. È quest’ultimo a dover avere competenze tecniche, non il primo che invece deve avere skills e caratteristiche differenti e complementari. La Melandri poi, secondo chi ha firmato, non sarebbe in grado di “interpretare il proprio ruolo in maniera autonoma rispetto alla sua precedente professione” politica e questo sarebbe dimostrato dalla nomina – è il caso degli ultimi giorni che ha infiammato le tastiere e i profili Facebook degli indignados di professione di casa nostra – “di un suo collaboratore come segretario generale del Maxxi”. Una cosa che secondo i firmatari lascia “davvero esterrefatti per modalità e sostanza” poiché non si sarebbe tenuto conto del “profilo curricolare del nominato, ma solo delle relazioni preesistenti”.
Ora, è fuori di dubbio che Giovanna Melandri abbia preferito – e come biasimarla vista la situazione delicatissima in cui versa la Fondazione Maxxi – di nominare un uomo di sua strettissima fiducia, ma è questo che lascerebbe esterrefatti? Il curriculum del nuovo giovane segretario generale del Maxxi Francesco Spano cozza con le sue mansioni? Qualcuno ha approfondito quali debbono essere quest’ultime? Qualcuno ha letto il curriculum trasparentemente pubblicato sul sito del Museo? Oppure in un’organizzazione complessa come una fondazione culturale si pensa che debbano essere tutti curatori e storici dell’arte? Il presidente deve essere curatore&storico dell’arte, il segretario generale deve essere curatore&storico dell’arte, pure l’addetto alla logistica deve essere curatore&storico dell’arte altrimenti significa che non si è tenuto conto del “profilo curricolare”, visto che ci sarebbero stati probabilmente alcuni curatori&storici dell’arte disponibilissi a fare i facchini e allora perché non loro… Siamo al nonsense, pericoloso però perché gioca con i destini di un’istituzione giovane e perciò fragile. La realtà è che il segretario generale, specie in base al nuovo organigramma del Maxxi, deve semplicemente far girare la macchina, scrivere i bilanci, far quadrare i conti. Spano lo saprà fare? Non lo saprà fare? Non lo sappiamo. Ma ci domandiamo perché nessuno ha vergato lettere di fuoco quando nello stesso ruolo venne eletto Alessandro Bianchi, laureato in… filosofia delle religioni. Per fortuna all’epoca nessuno domandò le dimissioni di Pio Baldi perchè infatti Bianchi si rivelò una buona scelta e portò avanti il museo con capacità tanto che resterà nella Fondazione Maxxi con un ruolo diverso. Il fatto è che pensare che un segretario generale di una fondazione dedicata all’arte contemporanea debba avere competenze d’arte contemporanea è qualcosa di oggettivamente demenziale. Giusto per chiamare le cose col loro nome.
Alcuni giornali poi (su questo per fortuna la lettera soprassiede) malignano sul compenso di Spano. Col trucchetto di mettere la cifra lorda (che va divisa esattamente per metà) e indicando il compenso annuale, si è sparata la cifra rotonda di 70mila euro. Scandalo. Miele per le orecchie dei “fattuttoschifo” e dei loro roventi profili Facebook. Anche qui la verità è un’altra a quanto ci risulta: nell’ambito di una revisione della spesa interna alla Fondazione (con tanto di percorsi per stabilizzare una certo numero di dipendenti), gli stipendi più alti sono stati un po’ calmierati mentre si è cercato di alzare quelli più bassi con l’obbiettivo di diminuire la forbice. Insomma sta di fatto che Spano guadagna circa un terzo in meno del suo predecessore. Nasometricamente qualcosa di meno di 3mila euro al mese. Però loro sono sempre “esterrefatti”. E appunto torniamo alla lettera.
“Dopo l’imbarazzante mostra dedicata ad Alighiero Boetti e la cancellazione senza spiegazioni di mostre di un certo rilievo, ma anche dopo decisioni molto discutibili che hanno impedito la visione di film ritenuti incompatibili non vediamo cos’altro debba accadere per dimostrare una chiara inefficienza gestionale […]; quindi chiediamo alla dott.ssa Giovanna Melandri se non ritenga arrivato il momento di dimostrare un minimo di sensibilità istituzionale e culturale dimettendosi dalla presidenza del Maxxi”. Qui si mettono le pere con le mele come si fa quando si scrive con troppa foga e senza rifletterci su più di tanto, vinti da una sana (?) e civica (!) indignazione. Un giudizio critico sulla mostra di Boetti da una parte, un riferimento (senza far nomi, perché?) alla oggettivamente strana scomparsa della mostra di Jeff Koons dall’altra, insieme ad un ulteriore passaggio – ma non se ne era parlato a sufficienza? – sul film Girlfriend in a Coma di Annalisa Piras e Bill Emmott: un vero trappolone per il Maxxi che la Melandri ha agilmente schivato. Se avesse solo osato proiettare in campagna elettorale, nell’unico museo statale italiano dedicato all’arte contemporanea, un film anche solo velatamente anti-berlusconiano sarebbe stata lapidata lei – e ce ne può importare fino ad un certo punto – ma soprattutto sarebbe stata distrutta la già gracile crediblità e reputazione del Maxxi che di tutto ha bisogno meno che di polemiche politiche. Però ai nostri indignados non va bene neppure quello: la presidente accusata, all’incipit del suo mandato, di essere troppo di sinistra, si dimostra invece terza e imparziale, ma per loro diventa un censore!
La vera “sensibilità istituzionale”, invece, la dovrebbero dimostrare operatori, appassionati, addetti ai lavori: chiedere per tali autentiche inezie le dimissioni di un presidente appena insediato e che sta lavorando per trovare un direttore al Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo è qualcosa che definire “da irresponsabili” è un eufemismo. Adottare una condotta adulta è buona norma sempre, ma diventa obbligatorio in periodi di difficoltà, di incertezza, di passaggio.
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