La politica e le arti visive? Una storia che non c’è. E dal movimento l’ItaliaèArte parte un appello per Bersani: i desiderata per invertire la rotta. Con tanto di risposta: ricevuto, grazie. Faremo il possibile
Ultimi giorni di campagna elettorale. Atmosfera rovente, media in fibrillazione e uno stato confusionale che galoppa, anziché scemare. Tra voglia di partecipazione e insidie astensioniste. Difficile dribblare le trappole del vuoto politico, coltivando qualche grammo di fiducia. In un paesaggio – quello italiano – che è un limbo frammentato e infinitamente critico: perniciosa fase di […]
Ultimi giorni di campagna elettorale. Atmosfera rovente, media in fibrillazione e uno stato confusionale che galoppa, anziché scemare. Tra voglia di partecipazione e insidie astensioniste. Difficile dribblare le trappole del vuoto politico, coltivando qualche grammo di fiducia. In un paesaggio – quello italiano – che è un limbo frammentato e infinitamente critico: perniciosa fase di transizione da cui zampillano retorica, ingenuità e goffi balbettii. La sensazione è che il Paese sia nelle mani di nessuno. Eppure tutti, nel Paese, cercano risposte, appigli, strategie – più che promesse – da strappare ai vari candidati.
Anche dal mondo della cultura e, nello specifico, delle arti visive, il sollevamento è forte. Perché mentre il settore scivola in una crisi progressiva, la latitanza delle Istituzioni s’è fatta ingombrante. Ignoranza? Sordità? Assenza di visione? Disonestà? Di tutto un po’.
Ecco allora il movimento l’ItaliaèArte, coordinato dal curatore e studioso Luigi Martini, attivarsi con un appello, inviato a Pierluigi Bersani, in qualità di candidato alla Presidenza del Consiglio. Una lista di richieste minime, da esaudire nel corso della prossima legislatura.
In apertura una secca denuncia, contro l’assenza di attenzione e di sensibilità da parte delle Istituzioni per il sistema culturale. Una condizione di “inadeguatezza civica” a cui si aggiunge “un’incredibile tendenza esterofila, frutto di un provincialismo subalterno che ha impedito di far conoscere e valorizzare la qualità della produzione italiana”. E qui il primo, fondamentale tasto. La questione della creatività, dell’identità, della crescita, della competitività italiane. Nessuno ne parla, eppure è un nodo centrale, che dovrebbe entrare, a forza, negli orizzonti e nelle priorità di chi la politica la fa, tra pratica e teoria.
Altro punto evidenziato: nessuna politica culturale volta a incoraggiare gli investimenti del privato nell’arte. Quasi a voler bollare il collezionista come un consumatore di beni di lusso, magari col vizietto dell’evasione fiscale. Eh no, rispondono da l’ItaliaèArte: la tendenza va invertita, ricordando che questo genere di investimenti favorisce lo sviluppo del Paese. Uno switch innanzitutto culturale, che deve poi tradursi in una serie di azioni concrete. Ed eccoci ai desiderata:
– Approvare una legge che permetta la detrazione o la deduzione degli acquisti, da parte di persone fisiche e imprese, di opere d’arte.
– Approvare un provvedimento che incentivi i versamenti liberali alle istituzioni d’arte da parte di persone fisiche e imprese.
– Favorire il potenziamento delle imprese del settore, grazie a provvedimenti che ne agevolino la competitività sul mercato internazionale, la formazione degli operatori, l’innovazione tecnologica e manageriale, pensando anche a formule consortili.
– Istituire uno strumento del Ministero per i Beni Culturali, snello, efficiente e disponibile in rete. Una sorta di sportello informativo, per la consulenza professionale e amministrativa, e per facilitare l’acceso ai fondi pubblici ed europei. Senza dimenticare di incentivare il rapporto virtuoso tra Stato, Regioni e Comuni.
La risposta del segretario Bersani? È arrivata. Una letterina cordiale e formale, in cui si attesta l’avvenuta ricezione del documento e in cui si rimanda al programma del Partito Democratico, non privo di delucidazioni sull’argomento cultura. Una relazione specifica per il settore delle arti contemporanee è stata addirittura stilata nei giorni scorsi: una roba facile, con un po’ di luoghi comuni, ma certamente onesta. Ne avevamo parlato pochi giorni fa.
Intanto, il movimento italiaèarte pare stia inviando il medesimo appello al Presidente Mario Monti. E visto che, per deduzione ma anche sulla base di dichiarazioni esplicite, l’alleanza a urne chiuse tra i due leader è praticamente cosa fatta, non sarebbe male se avviassero un confronto anche su questi temi. Marginali? Affatto. Ed è qui che sta la differenza: quanto spazio e quanto peso avrà la cultura nell’agenda del governo prossimo venturo? Alle politiche dei tagli e alla latitanza istituzionale ci hanno abituati, tutti. E invertire questo trend, in mezzo a una crisi, richiede un atto di coraggio e una visione radicale. Rivoluzioni né civiche né civili, né democratiche, né populiste, né liberali. Copernicane, piuttosto. Ed è proprio un’altra storia.
– Helga Marsala
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