La “Resistenza” di Ali Kazma, fra corpo umano e controllo sociale. Presentato a Istanbul l’ampio e strutturato progetto turco per la Biennale di Venezia: ecco immagini e video
Che a rappresentare la Turchia alla 55a Biennale di Venezia sarà Ali Kazma (Istanbul, 1971) si sa già dallo scorso luglio. Alla conferenza stampa tenutasi ad Istanbul nel Salon dell’IKSV, la fondazione a capo della Istanbul Biennal, nonché organizzatrice dalla trasferta veneziana, è stata invece data un’anticipazione del progetto inedito che sarà mostrato negli spazi […]
Che a rappresentare la Turchia alla 55a Biennale di Venezia sarà Ali Kazma (Istanbul, 1971) si sa già dallo scorso luglio. Alla conferenza stampa tenutasi ad Istanbul nel Salon dell’IKSV, la fondazione a capo della Istanbul Biennal, nonché organizzatrice dalla trasferta veneziana, è stata invece data un’anticipazione del progetto inedito che sarà mostrato negli spazi dell’Artiglierie dell’Arsenale. Con la (centellinata) proiezione di video frame, il curatore Emre Baykal e lo stesso Kazma hanno infatti presentato Resistance, un’installazione video multi-canale frutto di riprese durate circa un anno, tra un set di un film a Parigi, una prigione nella regione turca di Sakarya, una scuola e una sala operatoria ospedaliera ad Istanbul, un’università a Berlino, un laboratorio per la ricerca medica a Losanna, un tattoo studio a Londra, un teatro a New York.
In questa nuova serie di video, l’artista si propone da un lato di esplorare le metodologie per disciplinare e controllare il corpo umano, dall’altro di indagare quest’ultimo come prodotto di interventi, processi e tecnologie progettati per resistere e, laddove possibile, travalicare le regole e i limiti della società, della cultura, della fisica, della genetica. Durante la conferenza stampa, al fine di evidenziare la linea di continuità rispetto al progetto per la Biennale, è stato proiettato uno dei video della precedente serie di Kazma, Obstructions: il video in questione, uno dei sedici della serie realizzata dal 2005, è “Jean Factory”, girato nel 2008 in una fabbrica di jeans in Turchia, nel quale il corpo umano è presentato come un’entità produttrice, instancabile, meccanica, infallibile.
Vincitore nel 2010 del Nam June Paik Award, con un curriculum che vanta partecipazioni a biennali e mostre in giro per il mondo, Ali Kazma è indubbiamente un artista che ha già una riconosciuta carriera fuori dai confini turchi e che, come tale, ha tutte le carte in regola per rappresentare la Turchia in quella che è la prima vetrina internazionale per l’arte contemporanea.
– Marta Pettinau
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