Si tirano i cordoni della Borsa. Quella Internazionale del Turismo, per gli amici BIT: atmosfera dimessa all’inaugurazione dell’evento milanese dedicato agli operatori di un settore fiaccato dalla crisi. E che potrebbe rinascere con la cultura…
Quanti soldi porta al sistema Italia, ogni giorno, un turista tradizionale? Siamo sui 130 euro. Ed un turista culturale? Saliamo a 400. I dati di un’indagine della Bocconi, rielaborati solo pochi mesi fa da La Stampa, parlano chiaro: un visitatore in coda agli Uffizi vale di più di uno che traccheggia in spiaggia a Rimini. […]
Quanti soldi porta al sistema Italia, ogni giorno, un turista tradizionale? Siamo sui 130 euro. Ed un turista culturale? Saliamo a 400. I dati di un’indagine della Bocconi, rielaborati solo pochi mesi fa da La Stampa, parlano chiaro: un visitatore in coda agli Uffizi vale di più di uno che traccheggia in spiaggia a Rimini. Viene da pensare che convenga trattarlo con i guanti, cullarlo e coccolarlo, provando così ad aumentare un tesoretto che – difficile una stima precisa, troppe le variabili – nel 2010 si aggirava attorno ai 40miliardi di euro. Mancano dati certi e, soprattutto, più recenti: ma l’idea generale è che un comparto messo in ginocchio dalla crisi possa tornare a mangiare proprio grazie alla cultura. Provando a risalire la china di un calo di presenze che per Federalberghi ha toccato, nell’estate 2012, punte drammatiche: se è vero che solo un italiano su tre ha potuto permettersi le ferie.
Riflessioni a margine dell’inaugurazione, alla fiera di Rho, dell’edizione 2013 della BIT – Borsa Internazionale del Turismo: appuntamento tradizionalmente festoso, a tratti persino ridanciano, sicuramente gaio e positivo nella mole di enti territoriali che mostrano i gioielli di famiglia, provando a conquistare l’attenzione di tour operator e semplici viaggiatori della domenica. Evento che, per questo giro di giostra, offre invece la fotografia di un settore compromesso dalla crisi economica. Non è tanto nella sensibile riduzione degli espositori, quantificabile ad un fugace colpo d’occhio, che si misura la condizione di difficoltà del sistema; quanto soprattutto nell’atmosfera generale, decisamente dimessa. Le frotte di visitatori degli anni passati sono, almeno nel giorno dell’opening, un pallido ricordo; le performance d’arte varia che illuminavano gli stand (tra musica, danze più o meno tribali, show-cooking e brindisi vari) nettamente in tono minore; le metrature di spazi un tempo faraonici sempre più risicate. Persino l’angolo della Lombardia, solitamente generosissima padrona di casa, risulta nettamente ridimensionato: salvato tuttavia dal concept di un allestimento che replica, in miniatura la piazza antistante il nuovo Palazzo della Regione. Battezzata Piazza Città di Lombardia, ideale agorà dove veder convergere le diverse identità del territorio. Un guizzo concettuale che non basta a risollevare l’immagine di un appuntamento in tono minore: orecchie basse nel padiglione italiano, dunque; situazione che non migliora nello spazio riservato agli ospiti internazionali. È la crisi, baby…
– Francesco Sala
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