Art 13, una fiera diversa. A Londra poche le gallerie americane o inglesi: spazio ai nuovi mercati e alle realtà emergenti. Qui tante immagini dalla preview
Che Londra riesca sempre ad essere al centro di tutto e in particolare del mercato dell’Arte contemporanea mondiale è cosa nota, ma ieri sera era molto di più. La prima edizione della fiera Art 13 ha portato a nuove contaminazioni e alla conferma che le nuove geografie del mercato si stanno delineando sempre di più. […]
Che Londra riesca sempre ad essere al centro di tutto e in particolare del mercato dell’Arte contemporanea mondiale è cosa nota, ma ieri sera era molto di più. La prima edizione della fiera Art 13 ha portato a nuove contaminazioni e alla conferma che le nuove geografie del mercato si stanno delineando sempre di più. 128 le gallerie presenti, provenienti da oltre 29 paesi che coprono interamente tutti i sei contenenti. Poche le gallerie inglesi, di certo non le più importanti, quasi assenti le americane, tantissime invece quelle provenienti da Cina, Singapore, Corea, Sudafrica, Turchia, India, Lituania e – neanche a dirlo – Brasile.
La Corea si conferma la piazza del momento: con la Aando Fine Art di Berlino che presenta il lavoro di Jeonghwa Choi e Donghyun Son, o con l’incredibile lavoro di Hwan Kwon Yi della Gana art di Seoul. Ancora un coreano, Young –Jae Lee, insieme al cinese Chen Guangwu per il progetto Earth, Ink Fire della la galleria di Pechino Alexander Ochs Gallerie. L’indubbio protagonista della fiera è il lavoro di Zhu Jinshi (1954), un’incredibile installazione lunga 12 metri jn bamboo, cotone e carta di riso che domina il centro di Kensington Olympia. Dall’Asia al Congo, con il conclamato El Anatsui e la sua In the World but don’t know the world, un’opera del 2009, degno sipario all’entrata della fiera.
Tra gli italiani presenti Brancolini Grimaldi che, dopo la chiusura delle gallerie di Roma e Firenze, si è trasferita a Londra presentando, tra gli altri, il lavoro di Massimo Vitali. Tra I progetti che si impongono tra le corsie della fiera Pyramid of Oranges del 1967 di Roel Louw: i visitatori sono invitati a prelevare una delle seimila arance che compongono una meravigliosa piramide. L’opera è ovviamente in vendita (a 60mila sterline), non pensate di portarvi via le arance bensì un foglio di carta con l’autenticità dell’opera e le istruzioni di come montarla. Qui intanto trovate tante immagini dalla preview…
– Barbara Martorelli
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati