C’è chi usa un taccuino per appunti, Basquiat scriveva e disegnava direttamente sui muri di casa. A un quarto di secolo dalla morte dell’artista l’ex fidanzata smantella l’appartamento dell’East Village che ne conserva la memoria: sul mercato arrivano decine di inediti
Avviso ai naviganti: attenzione a cosa fate quando chiudete una relazione. Prendete una penna, dividete in due un foglio e fate una colonna con i sì e quell’altra con i no; pensateci bene, perché certe decisioni sono irreparabili, non si torna indietro, e possono costare un patrimonio. Restituire dischi e cd: sì. Buttare lettere e […]
Avviso ai naviganti: attenzione a cosa fate quando chiudete una relazione. Prendete una penna, dividete in due un foglio e fate una colonna con i sì e quell’altra con i no; pensateci bene, perché certe decisioni sono irreparabili, non si torna indietro, e possono costare un patrimonio. Restituire dischi e cd: sì. Buttare lettere e fotografie: no. Rivendere su e-bay anelli e regalini di poco conto: sì. Imbiancare casa: no. Almeno se il/la partner in questione è un giovane e ambizioso artista che usa le pareti come estensione del proprio taccuino di appunti. A venticinque anni esatti dalla morte di Jean-Michel Basquiat spunta un’inedita, involontaria e clamorosa eredità: un intero appartamento nell’East Village, gonfio di opere, bozzetti, appunti, memorabilia. Quasi un museo informale, dal valore difficilmente calcolabile. Ma i conti, la signora Alexis Adler, sembra saperli fare piuttosto bene: partono gli expertise, si affacciano galleristi e consulenti; la macchina del mercato è partita.
Risale al 1979 la sua relazione sentimentale con l’artista, che usa la casa che condividevano come eccentrico spazio creativo. Graffitando mobili e pareti, istoriando termosifoni e frigorifero; scrivendo e disegnando in maniera compulsiva. Il rapporto si interrompe nel 1981, Alexis si laurea in biologia e viene assunta come embriologa alla New York University; è ragazza madre, cresce due figli da sola, raccoglie i soldi per comprare quell’appartamento: brillante variazione sul tema del classico mito americano sul self-helpismo. Ed ora, dopo una vita di sacrifici, passa all’incasso: la casa è rimasta congelata, così come Basquiat l’ha lasciata nel giorno del loro addio.
Primo step: ingaggiare Stephen Torton, amico e collaboratore dell’artista, come legale rappresentante per ogni possibile vendita futura. Secondo: avviare lo smantellamento dell’abitazione e conseguente dispersione di ogni bendiddio. Il Basquiat Authentication Commitee si era già speso, in tempi non sospetti, sull’autenticità di sei opere conservati a casa Adler; la Gracie Mansion Gallery ne ha censite e catalogate una sessantina. Valore? Pochi anni fa una porta dell’84, dipinta con lo stesso pattern che si trova su quelle in possesso della Adler, era stata venduta a quasi due milioni di dollari…
– Francesco Sala
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