Guarda al Marocco il Middle East Now, festival fiorentino sul Medio Oriente. Due eventi tra arte e design e quaranta pellicole anche da Afghanistan, Israele, Palestina, Siria, Libano, Iran
È una manifestazione in crescita il “Middle East Now”, il festival internazionale di cinema e documentari, con incursioni nell’arte contemporanea, ideato e organizzato dall’associazione culturale Map of Creation, con la direzione artistica di Lisa Chiari e Roberto Ruta. Sei i giorni di programmazione (uno in più rispetto al 2012), 44 i titoli in cartellone, di […]
È una manifestazione in crescita il “Middle East Now”, il festival internazionale di cinema e documentari, con incursioni nell’arte contemporanea, ideato e organizzato dall’associazione culturale Map of Creation, con la direzione artistica di Lisa Chiari e Roberto Ruta. Sei i giorni di programmazione (uno in più rispetto al 2012), 44 i titoli in cartellone, di cui 37 in anteprima nazionale, e 25 gli ospiti attesi. Giunta alla quarta edizione, la rassegna apre quest’anno un varco sul Nord Africa e avvalendosi della collaborazione con l’Ambasciata del Marocco in Italia propone tre pellicole provenienti da questo paese: il thriller “Death For Sale” di Faouzi Bensaïdi, candidato agli Oscar come miglior film straniero e “In the Name of the Brother”, un documentario girato sulle montagne intorno a Marrakesh, presentato in anteprima assoluta. E proprio dal Marocco arriva Hassan Hajjaj, ribattezzato “l’Andy Warhol del mondo arabo”, che alla Aria Art Gallery (dal 5 aprile al 5 maggio 2013) proporrà una provocatoria rilettura degli shooting di moda femminile per proporre una riflessione sulla reciproca visione di Oriente e Occidente. Con le fotografie della mostra “VogueArabe”, sua prima personale in Italia, Hajjaj ha popolato le tradizionali location scelte delle riviste di moda internazionali, come la casba di Casablanca, di donne marocchine vestite con abiti da lui ideati o che mostrano un uso smodato di accessori griffati.
Gli architetti di Archivio Personale firmano invece il pop-up shop dedicato alle creazioni della designer libanese Rana Salam, che fino al 27 aprile sarà ospitato nel concept store fiorentino Societé Anonime (dal 6 aprile). Attiva sui fronti del graphic e interior design, la Salam ha progettato ristoranti e negozi nel suo paese e in Europa ed è l’artefice della ridefinizione di un immaginario pop della cultura araba; sua anche l’installazione prevista per il cinema Odeon che, assieme all’ Auditorium Stensen, ospita molti degli eventi del festival. Il CCC Strozzina, in contemporanea con la mostra “Un’idea di bellezza” accoglierà l’intervento di Rana Salam sul tema “Dalla cultura popolare allo chic: il pop design Middle East di Rana Salam” (giovedì 4 aprile, ore 18.30).
La vita reale di un paese in guerra, tra l’altro prossimo all’abbandono da parte degli eserciti occidentali, è al centro di “My Afghanistan. Life in the Forbidden Zone” del regista Nagieb Khaja, una sorta di “grande fratello” afgano nel quale confluiscono riprese del quotidiano raccolte con un cellulare, da dieci donne e uomini afgani. Nel siriano “Round Trip” di Meyar Al Roumi (anteprima italiana), così come in “An Afghan Love Story” di Barmak Akram e nell’iraniamo “The Last step” di Ali Mosaffa (con protagonista il premio Oscar Leila Hatami, l’amore diviene l’espediente della narrazione; in “Facing Mirrors”, invece, pluripremiata opera prima della regista Negar Azarbayjani, una transessuale in fuga e una giovane madre si raccontano all’interno di un taxi per le strade dell’Iran.
Tra le novità del festival il premio del pubblico “Middle East Now Award” al miglior film e la serata speciale di giovedì 4 aprile con l’hummus che diviene il filo conduttore di “culinary cinema”, una mini sezione tematica con proiezione di “Make Hummus Not War” (altra anteprima per l’Italia): un documentario nel quale il regista australiano Trevor Graham racconta con ironia la battaglia per la paternità dell’hummus tra libanesi, palestinesi e israeliani.
Incontri, dibattiti, presentazioni di libri e un workshop sul documentario completano l’offerta del festival, insieme a un focus su Greenhouse, l’istituzione cinematografica con base in Israele, attiva sul fronte della formazione per i giovani registi del Mediterraneo e del Medio Oriente.
– Valentina Silvestrini
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