La politica culturale del Paese? La facciamo noi! Così il direttore del Sole 24Ore Roberto Napoletano nel corso del Summit Art e Cultura lanciato dal giornale di Confindustria. Inutile affidarsi a un Ministero senza soldi
“I tempi impongono di reagire: dobbiamo fare la nostra parte, andare oltre la semplice denuncia”. Quello che la politica non dice, in termini di strategie per la cultura, arriva in forma di messaggio forte e chiaro da Roberto Napoletano: è il direttore de Il Sole 24Ore a chiudere la mattinata di talk del terzo Summit […]
“I tempi impongono di reagire: dobbiamo fare la nostra parte, andare oltre la semplice denuncia”. Quello che la politica non dice, in termini di strategie per la cultura, arriva in forma di messaggio forte e chiaro da Roberto Napoletano: è il direttore de Il Sole 24Ore a chiudere la mattinata di talk del terzo Summit Arte e Cultura, evento che il giornale – in qualità di estensore dell’ormai celebre Manifesto e parente stretto della piattaforma 24 Ore Cultura, ospita nel cuore della sua sede milanese. Napoletano arringa la platea: promette che l’avventura degli Stati Generali della Cultura, lanciata proprio dalle colonne del quotidiano di Confindustria “non sarà episodio di un momento”, ma proseguirà la propria ricognizione di eccellenze e modelli virtuosi cercando di favorire la messa in valore di quello che definisce il “capitale dimenticato del Paese”. Inutili le giaculatorie e le richieste di fondi a un MiBAC senza soldi, se prima la cultura non diventerà il “centro della politica economica”. A svilire il sistema Italia è, in primis, il crollo verticale dell’indice di esportazione della cultura: il Paese ha perso riconoscibilità, in una spirale negativa che oscura il mito del brand del made in Italy. Necessario invertire la rotta.
A proporre ricette diverse sono i diversi tavoli di dibattito che si articolano nel corso di una giornata ricca e intensa: si passa dal mai banale punto della situazione del Manifesto lanciato dal Sole fino all’analisi delle riforme che toccano il mercato dell’arte, con le nuove norme che regolano la circolazione delle opere. Focus specifico su un settore particolare, quello dei multipli: verso la democratizzazione del mercato, lontano da quello che l’amministratore delegato di Editalia Marco De Guzzis definisce il pregiudizio di “un’arte per la sala d’attesa del dentista”. Non è il prezzo inferiore rispetto ai pezzi unici – almeno non in via preponderante – a fare del multiplo il grimaldello per forzare nuovi bacini, ma la sua capacità di sfruttare canali più flessibili e meno respingenti rispetto alle tradizionali gallerie o case d’aste. Luoghi dove il potenziale nuovo collezionista trova spesso barriere insormontabili a livello essenzialmente empatico, prima che finanziario. Chiude la giornata il salutare confronto tra pratiche di gestione museale estere (tra gli ospiti Anne Mény-Horn, amministratore generale aggiunto del Musée d’Orsay) e italiane. Uno schiaffo toccare nell’Italia delle paralisi burocratiche e stataliste il tema Louvre, con il museo più visitato al mondo che gioca sapientemente le sue carte nel libero mercato, esportando opere e duplicandosi là dove più conviene farlo. Uno schiaffo, si spera, salutare: chissà non si impari qualcosa dagli odiosi cugini d’Oltralpe.
– Francesco Sala
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