Quattro giorni di performing arts a Milano. In Triennale arriva Uovo, provocazioni sceniche per un festival indisciplinato, tra arte, danza, teatro
SuperUovo, Uovokids, Uovo Music, Uovo à la coque, UovoTv. Sono le tante anime di Uovo, progetto che lo stesso team ama definire “internazionale, nomade e indisciplinato”. Una piattaforma per la promozione della creatività contemporanea e dei nuovi linguaggi espressivi, al servizio della comunicazione, della produzione, dell’organizzazione, dell’informazione, in costante sinergia con spazi espositivi, realtà metropolitani, […]
SuperUovo, Uovokids, Uovo Music, Uovo à la coque, UovoTv. Sono le tante anime di Uovo, progetto che lo stesso team ama definire “internazionale, nomade e indisciplinato”. Una piattaforma per la promozione della creatività contemporanea e dei nuovi linguaggi espressivi, al servizio della comunicazione, della produzione, dell’organizzazione, dell’informazione, in costante sinergia con spazi espositivi, realtà metropolitani, comunità artistiche, partner pubblici e privati.
Tra il 20 e il 24 marzo, presso la Triennale di Milano, torna Uovo performing arts festival: undicesima edizione, per un evento che mixa linguaggi, formule e progetti eterogenei, accomunati dal carattere performativo, dalla vocazione sperimentale e dall’attitudine spregiudicata. Live e spettacoli provocatori, in cui la ricerca sul corpo, sul suono, sull’immagine, sullo spazio e sulle pratiche sceniche non risparmia sorprese, acrobazie, contaminazioni ardite e alchimie esplosive.
Tra i protagonisti di questa edizione Jérôme Bel, celebre coreografo francese, vecchia conoscenza di Uovo, che torna con Disabled Theater, una prima nazionale realizzata insieme agli attori professionisti e portatori di handicap dello svizzero Theater HORA. Per la prima volta in Italia Cecilia Bengolea, François Chaignaud, Trajal Harrell e Marlene Monteiro Freitas, che arrivano con (M)IMOSA, pièce dedicata all’arte del Voguin, danza nata negli anni ’60 tra le comunità latinoamericanie e da afroamericani e, soprattutto durante i party dei locali gay, poi evolutosi nel celebre stile “Vogue”, portato al successo nel 1990 da Madonna con l’omonimo videoclip. Si parla infine di sentimenti e di liaison amorose con Gunilla Heilborn, considerata la più importante coreografa e regista svedese, che porta in scena This is not a love story, e con Saša Božić, fondatore insieme a Barbara Matijević e Željka Sančanin della storica compagnia croata k.o. kombinirane operacije: qui Božić porta Love will tear us apart, prima parte di una trilogia dedicata alle relazioni umane, un po’ concerto rock, un po’ confessione, un po’ coreografia astratta.
E per chi non fosse a Milano, ma non volesse comunque perdersi i quattro giorni intensi del festival, il report puntuale arriva su uovotv.com, con eventi e backstage documentati in tempo reale.
– Helga Marsala
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