“Togliete alla statua di Marte il pene che gli attaccò Berlusconi”. Il Museo nazionale romano elimina le protesi applicate quando il gruppo era in prestito a palazzo Chigi: ma fu veramente il caimano a volerle?
Giustizia (storica) è fatta. Anche se, astrattamente, privare un Dio della Guerra degli attributi maschili non sembra cosa buona e giusta, in questo caso non ci possono essere dubbi: evirazione sia. E la vicenda è stata trattata con troppa leggerezza, per stare a disquisire di restauro conservativo o di restauro integrativo: per di più, di […]
Giustizia (storica) è fatta. Anche se, astrattamente, privare un Dio della Guerra degli attributi maschili non sembra cosa buona e giusta, in questo caso non ci possono essere dubbi: evirazione sia. E la vicenda è stata trattata con troppa leggerezza, per stare a disquisire di restauro conservativo o di restauro integrativo: per di più, di mezzo c’è Silvio Berlusconi, che l’ha fatta diventare questione pure simbolica. Via i mercanti dal Tempio, si rispetti la verità storica.
Berlusconi? Già, stiamo parlando di una delle rare (per fortuna?) escursioni dell’ex premier nell’ambito artistico, archeologico, nella fattispecie. Nel 2010 – per ricostruire brevemente una notizia di cui si parlò a lungo – un gruppo scultoreo del 175 d.C., rinvenuto nel 1918 a Ostia, venne trasferito dal Museo nazionale romano delle Terme di Diocleziano a Palazzo Chigi, con una prassi abituale che vede opere museali “prestate” per adornare sedi istituzionali. Il problema nacque quando il potente inquilino vide che a Marte e Venere mancavano alcuni pezzi, e fra questi il membro virile del Dio della Guerra. E lui si mise in testa di restituirglielo, con un a protesi in verità non “invasiva” (le parti furono attaccate con un sistema magnetico, rispettoso del capolavoro), ma assai discutibile dal punto di vista filologico.
E anche economico: le polemiche infatti si sollevarono alte, anche perché pare che il lifting sia costato qualcosa come 160mila euro, dei quali 70mila solo per il pene (furono reintegrati anche una mano destra, lo scudo e l’elsa della spada). Scontate all’epoca le battute che seguirono l’indignazione degli storici: Berlusconi applica la chirurgia plastica anche all’archeologia, e via su questa strada.
Nel 2012 l’opera fece ritorno al museo: e la direttrice Rosanna Friggeri istituì una consulta per decidere come intervenire sulla statua, che scelse di procedere alla rimozione delle protesi, operazione completata in questi giorni. Il direttore tecnico dei lavori Giovanna Bandini, su “Il Messaggero”, presenta oggi una verità ben diversa: “L’operazione di reintegro nasce come sperimentazione. L’intento era di verificare la fattibilità di effettuare applicazioni impostate su principi di reversibilità, senza che intaccassero minimamente le parti originali. E in questo senso, la sperimentazione è perfettamente riuscita”, dichiara, “scagionando” del tutto Berlusconi. Credibile?
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