Vietata ai diabetici: è l’arte del nordirlandese Brendan Jamison, che riproduce monumenti storici in zollette di zucchero. E dopo un passaggio al MoMA approda a Pechino, con una dolcissima Muraglia Cinese

Arte vera e propria o eccentrica bizzarria? Acrobatico artigianato o matura operazione culturale? Come spesso accade nei confronti di operazioni che esaltano eccezionali manualità ma non palesano particolari profondità concettuali, la nobile etichetta di opera d’arte rischia di scollarsi. Sono arte in senso stretto o puro divertissement le architetture di Brendan Jamison (Belfast, 1979)? In […]

Arte vera e propria o eccentrica bizzarria? Acrobatico artigianato o matura operazione culturale? Come spesso accade nei confronti di operazioni che esaltano eccezionali manualità ma non palesano particolari profondità concettuali, la nobile etichetta di opera d’arte rischia di scollarsi. Sono arte in senso stretto o puro divertissement le architetture di Brendan Jamison (Belfast, 1979)? In terra d’Albione si propende per la prima ipotesi: ingresso alla Royal British Society of Sculptors, partecipazione al London Festival of Architecture, pezzi all’incanto da Sotheby’s per l’eccentrico scultore che da una decina d’anni a questa parte ha scelto di concentrare la propria attenzione sullo zucchero, medium favorito a cera, bronzo ed altri materiali usati nel corso della sua giovane carriera. Il glucosio diventa inedito strumento per la riproduzione, fedele, di monumenti più e meno celebri; storica la replica della Tate Modern e quella della porta al numero 10 di Downing Street, installata proprio davanti alla residenza ufficiale del premier britannico: decine di migliaia le zollette usate per montare, un pezzo alla volta, copie di fedeltà quasi fotografica. Dopo un passaggio al MoMA per il progetto A book about death, Jamison punta a conquistare anche l’Oriente: sono 12mila i cubetti che assembla alla Ku Gallery di Pechino, nella ricostruzione di un frammento di Muraglia Cinese, pezzo forte di una collettiva dal programmatico titolo di Walls and Borders. Ma perché proprio lo zucchero? Jamison ne ama la sorprendente duttilità plastica e la modellazione delle forme che nasce dal battere della luce sui cristalli; c’è poi un riferimento concettuale alla contemplazione del proprio vissuto, nell’innegabile e dichiarato sguardo a simboli della sfera infantile. Da parte di un artista che non ha pudori a dichiarare di quanto amava, da bambino, giocare con i mattoncini Lego. Con candore davvero zuccherino.

– Francesco Sala


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Francesco Sala è nato un mesetto dopo la vittoria dei mondiali. Quelli fichi contro la Germania: non quelli ai rigori contro la Francia. Lo ha fatto (nascere) a Voghera, il che lo rende compaesano di Alberto Arbasino, del papà di…

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