Milano Updates: voglia di design a MiArt, con la sezione Objects che ammicca all’imminente Salone del Mobile. Troppi gli allestimenti “da galleria”, a rivendicare l’orgoglio della manifattura made in Italy è allora il calembour dello stand Moroso
Dove finisce l’una, spesso, comincia l’altro: viaggio ad alto rischio su un binario dalle traversine divergenti quello di arte e design. Discipline che si guardano di sottecchi, autentici separati in casa nel condominio della creatività: i tempi delle arts & crafts sono nei libri di storia, oggi i confini sono labili, mesmerici, spesso insondabili e […]
Dove finisce l’una, spesso, comincia l’altro: viaggio ad alto rischio su un binario dalle traversine divergenti quello di arte e design. Discipline che si guardano di sottecchi, autentici separati in casa nel condominio della creatività: i tempi delle arts & crafts sono nei libri di storia, oggi i confini sono labili, mesmerici, spesso insondabili e inconoscibili. È arte concettuale – e di assoluta profondità – quella di un Haim Steinbach, ma puoi tranquillamente spacciarla per design; caso analogo e insieme contrario per la moltitudine di creativi che producono oggetti dalla bassa funzionalità ma dall’alto profilo estetico.
Ad accendere il tabacco nel calumet della pace tra le due discipline è MiArt, collocata a ridosso della settimana del Salone del Mobile: la costituzione della sezione Objects, con l’ibridazione tra i due linguaggi è segno della volontà di non procedere con il paraocchi e non considerare l’ambito della creatività come una serie di compartimenti stagni; i risultati sembrano a prima vista ancora acerbi, con l’evidente sudditanza da parte di un comparto design che non riesce a non sentirsi ospite in casa d’altri. E finisce per essere musealizzato, costretto in allestimenti galleristici, cedendo per dovere di ospitalità i termini di una identità che nelle intenzioni avrebbe dovuto e potuto arricchire l’intera fiera. Orgogliosa eccezione lo stand Moroso, che spezza la pulizia formale del padiglione della fiera con la propria felice aggressione cromatica e formale. Benvenuti nel retrobottega, atelier di tappezzieri e artigiani di classe; una gabbia in legno grezzo finge di nascondere – in realtà esalta – le sedute realizzate nel corso degli anni dai vari Ross Lovegrove, Nendo e Ron Arad; affastellate in un calcolato disordine creativo, che sa tessere trame visuali intriganti nella sovrapposizione di pattern, tessuti, forme e materiali. Un caos divertentissimo, all’interno del quale ad essere ospiti sono – sorpresa – le opere d’arte: firmate dai vari Andrea Mastrovito e Martino Gamper. Un laboratorio che vede produrre ottimi risultati: valga su tutti la poltrona Fjord pensata da Patricia Urquiola con il contributo di Francesco Simeti. Altro che separati in casa, allora: arte e design possono tornare a flirtare.
– Francesco Sala
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