Biennale Updates: Bevilacqua La Masa sul banco degli imputati. Con la vetrina mediatica tornano le manifestazioni di protesta su statuto e le attività della Fondazione
Mezzogiorno del 28 maggio, opening delle mostra Beware of the Holy Whore: Edvard Munch, Lene Berg and the Dilemma of Emancipation. Ovvero la Norvegia alla 55ma Biennale,con la collaborazione di OCA – Office for Contemporary Art Norway. Mostra appena aperta, con un bellissimo e tutto nuovo allestimento che comprende una serie di lavori poco noti […]
Mezzogiorno del 28 maggio, opening delle mostra Beware of the Holy Whore: Edvard Munch, Lene Berg and the Dilemma of Emancipation. Ovvero la Norvegia alla 55ma Biennale,con la collaborazione di OCA – Office for Contemporary Art Norway. Mostra appena aperta, con un bellissimo e tutto nuovo allestimento che comprende una serie di lavori poco noti o inediti di Edvard Munch ( Loten, Norvegia 1863- Oslo, Norvegia 1944) e un film dell’artista norvegese Lene Berg (Oslo, Norvegia 1965, vive e lavora a Berlino). All’uscita, l’inatteso: una vera e propria manifestazione contro Angela Vettese e quelle che sono, a dire dei manifestanti, le sue arbitrarie scelte espositive.
La questione si fonda sullo statuto della Fondazione, che recita “[…] a profitto dei giovani artisti ai quali è spesso interdetto l’ingresso nelle grandi mostre”. Davanti ad una mostra dedicata a Munch i contestatori non potevano che sollevare questo polverone. Una storia che si ripete: non è la prima volta che viene mossa una tale accusa contro la presidente, ma costoro si dimenticano (o volutamente ignorano) tanti progetti virtuosi della Vettese, che per esempio ha restituito alla Fondazione i 12 studi previsti nello statuto che prima erano meno, e quelli che c’erano erano assolutamente inagibili. Ha promosso un’instancabile attività di studio visiting e partnership con le principali realtà artistiche del mondo, ha mantenuto inalterato l’appuntamento annuale della mostra collettiva pubblicando puntualmente le opere dei giovani selezionati, e con queste grandi mostre ha permesso agli spazi di Palazzetto Tito e della Galleria di Piazza San Marco di avere quello che ad un grande museo (l’unico sotto la diretta gestione del Comune di Venezia) è richiesto: climatizzazione, sicurezza, allarmi.
Una riqualificazione permessa, in questo specifico caso, dai 100mila euro ricevuti dagli sponsor che solo in parte sono stati dedicati alle spese specifiche di questa mostra. Ci chiediamo dunque: questi dissidenti avrebbero ancora voglia di esporre in un luogo senza misure di sicurezza, fatiscente, senza riscaldamento e dove non sono mai state fatte mostre di rilievo, o a costoro il desiderio di essere lì dentro viene proprio perché (e non ciononostante) ci sono mostre di grandi artisti mondiali?
– Chiara Casarin
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