Biennale Updates: una guida turistica schizofrenica, che intervalla il piatto lavoro di cicerone a schegge di aggressiva ma muta rivendicazione femminista. È Chiara Fumai in performance alla Fondazione Querini Stampalia
Mette subito le cose in chiaro. Questa volta non sputa, non insulta, non inveisce, non scalcia e non grida. Questa volta fila tutto liscio, placido e tranquillo. O quasi. Prova intensa per Chiara Fumai, chiamata a relazionarsi con lo spazio e – soprattutto – la collezione della Fondazione Querini Stampalia. Non è semplice calare il […]
Mette subito le cose in chiaro. Questa volta non sputa, non insulta, non inveisce, non scalcia e non grida. Questa volta fila tutto liscio, placido e tranquillo. O quasi. Prova intensa per Chiara Fumai, chiamata a relazionarsi con lo spazio e – soprattutto – la collezione della Fondazione Querini Stampalia. Non è semplice calare il linguaggio della performance più pura in un contesto tanto caratterizzato, pesante, imponente. C’è il rischio di farsi schiacciare o, peggio, di buttarla in farsa; dietro l’angolo serpeggia il pericolo di un rapporto irrisolvibile e dunque tronco, mutilato.
Abito scuro, badge appuntato diligentemente al bavero: Fumai sveste l’aura d’artista e indossa la maschera della guida turistica. Accompagna il pubblico nelle sale della Fondazione, indica gli affreschi e i pregiati lampadari in vetro di Murano, si sofferma sulle scene di genere di Pietro Longhi e sulle tavole di Palma il Vecchio. All’improvviso, irresistibile, scatta la molla: grida mute, scandite senza voce dalla sola mimica della bocca, sottolineate dai gesti secchi e precisi in Lis, la lingua italiana dei segni. Sulle labbra leggi il termine “violenza”; percepisci dolore e frustrazione, privazione, ansia di riscatto. La visita inanella una dopo l’altra storie di eroine dimenticate, nella nuova declinazione di una passione sempre più accesa per i temi del femminismo militante: ieri l’oggetto dell’attenzione era Valerie Solanas, omaggiata nella video performance con cui Fumai ha vinto l’ultima edizione del premio Furla, oggi i nomi sono diversi, ma il concetto non cambia.
Ecco Elisabetta Querini, l’ultima dogaressa di una Repubblica che non tollerava cariche pubbliche per le donne; ed ecco Nicolosia Bellini, finita in sposa ad Andrea Mantegna dietro pagamento di una dote di venti denari, quasi lo sposalizio altro non fosse che uno scambio commerciale. Ecco sfilare, una dopo l’altra, modelle e nobildonne, spesso unite nel più obnubilante anonimato; figlie, mogli e madri in una società sorda alla loro richiesta di attenzione, al loro urlo di autodeterminazione. Che resta infatti strozzato in gola. Quella stessa gola che Chiara Fumai, nel momento in cui opera lo switch e torna ad essere strega, segna con un gesto secco del dito indice, in orizzontale. A buon intenditore…
– Francesco Sala
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