È morta Franca Rame. Grande donna del teatro italiano, compagna di Dario Fo, nella vita e sulla scena. Un ricordo, attraverso le sue stesse parole
“Una morte all’improvvisa” potremmo dire, parafrasando il titolo del suo libro, scritto nel 2009, assieme al marito Dario Fo. Da quando debuttò appena nata (nel ruolo di infante) ad oggi, Franca Rame, con l’inseparabile compagno di vita e di ricerca, ha dato vita a un pezzo del teatro italiano del Novecento. Una storia che è impensabile riassumere qui. Ora, dunque, solo […]
“Una morte all’improvvisa” potremmo dire, parafrasando il titolo del suo libro, scritto nel 2009, assieme al marito Dario Fo. Da quando debuttò appena nata (nel ruolo di infante) ad oggi, Franca Rame, con l’inseparabile compagno di vita e di ricerca, ha dato vita a un pezzo del teatro italiano del Novecento. Una storia che è impensabile riassumere qui. Ora, dunque, solo un saluto che è un omaggio a una grande, coraggiosa donna: un frammento da “Una vita all’improvvisa” (ed. Guanda), per ricordarla con le sue stesse parole profetiche, commosse:
“C’è uno strano chiarore che entra di soppiatto dalla finestra. Non avevo mai assistito a un’alba tanto assurda a Milano. È settembre. Da fuori viene un’aria ancora tiepida. Fra poco sarà giorno. Mia madre sta morendo. Sono qui seduta su una poltrona, la testa appoggiata a un cuscino, ma non riesco a dormire. Gli occhi mi bruciano, ma non ho sonno. Sono rientrata da quattro ore. Stasera in teatro ho recitato senza seguire quello che andavo dicendo… gesti, battute, parole uscivano come registrate: la mia meente stava qui in questa stanza. Mi appoggio meglio alla poltrona. Ho posato in grembo il latte detergente per lo strucco. I kleenex. Me lo passo sul viso; da soli mi escono sospiri lunghi, dolorosi. Di quelli che ti sconquassano la mente. Sto vivendo questo momento come se non capitasse a me. La guardo. Lei è lì che sta faticando a morire. Un rantolo costante da giorni ci segue in ogni stanza. La sua mano che tengo più che posso nella mia, è tiepida… se non fosse per quel respiro strozzato che le esce e le labbra spaccate per l’arsura, potrebbe sembrare una bellissima anziana signora addormentata”.
– Michele Pascarella
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