Fare causa al Guggenheim di New York per una presunta mostra “copiata”. Gianni Colosimo contro Hans-Peter Feldmann. E si finisce in tribunale
È effettivamente tutto vero. Artribune lo può dire con cognizione di causa dopo una analisi accurata dei fatti, dalla fase preliminare della vicenda (con le lettere tra gli avvocati) fino alla causa vera e propria, resasi necessaria per l’impossibilità di venire a patti con il grande museo newyorkese. Cosa è successo? È successo che (in […]
È effettivamente tutto vero. Artribune lo può dire con cognizione di causa dopo una analisi accurata dei fatti, dalla fase preliminare della vicenda (con le lettere tra gli avvocati) fino alla causa vera e propria, resasi necessaria per l’impossibilità di venire a patti con il grande museo newyorkese.
Cosa è successo? È successo che (in questo video ci spiega piuttosto chiaramente tutto, dalla sua viva voce), poliedrico e multiforme artista torinese reduce tra l’altro da ottimi successi di critica e di pubblico in grandi personali museali in Francia, fece nel 2006 una mostra alla galleria Pack di Milano in cui utilizzo una (bella) somma di suoi denari per realizzare carta da parati composta da banconote da un dollaro col fine di tappezzare integralmente la galleria, pavimento compreso. Una proposta estetica (che poi acquisì importanza negli anni successivi, con lo scoppio della clamorosa crisi economica in cui siamo ancora immersi in Italia) che ebbe visibilità sulla stampa anche internazionale e che venne riproposta a Roma, negli spazi del concept store Motelsalieri, l’anno successivo. Tutto bene fino al 2011 quando il grande artista tedesco Hans-Peter Feldmann, vincitore dell’Hugo Boss Prize, decise di realizzare al Guggenheim di New York la sua installazione-premio utilizzando il totale montepremi (100mila dollari) installando tutta la cifra, in banconote da un dollaro, nello spazio espositivo.
Colosimo, a quel punto, si sente defraudato. “Le differenze sono dettagli, ma il messaggio è lo stesso, l’impostazione è la stessa, la comunicazione estetica che si veicola è la stessa, solo che io l’ho fatta in Italia in gallerie private e lui l’ha fatta al Guggenheim che è il museo più importante del mondo e cancella ogni altra cosa rendendo ‘originale’ la presunta ‘copia’ e viceversa”. Questo il ragionamento dell’artista che ha iniziato, una volta saputo dell’opera di Feldmann, a contattare la Fondazione americana mediante una serie di lettere scritte da un avvocato e riportanti la richiesta non di risarcimento monetario, ma di riconoscimento – in un modo o nell’altro – della primogenitura su quella proposizione artistica. Niente da fare: il Guggenheim non cede, sostiene che le due opere non sono così uguali come Colosimo afferma, e allora l’artista torinese si fa ancora più ostinato. Dalle lettere si passa alle denuncie vere e proprie e grazie ad un competente studio legale parte la causa vera e propria che in questi giorni sta avendo il suo avvio ufficiale con la prima udienza prevista per metà maggio.
Gianni Colosimo e la denuncia alla Guggenheim from Artribune Tv on Vimeo.
Cosa succederà? Quale studio difenderà il Guggenheim in Italia? Il museo cercherà di non giocare “fuori casa” e chiederà lo spostamento del dibattimento a New York City? Come gestirà tutta la faccenda il Tribunale di Torino? Dove si collocherà, insomma, il confine tra performance artistica (Colosimo non è nuovo a iniziative che mettono in discussione i punti fermi del sistema dell’arte) e azione giudiziaria?
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