L’anno nero del Mart. Bilancio a secco, dopo la mannaia dei tagli. E la mostra di Antonello la producono gli sponsor. Gestendo anche ticket e incassi. Scandalo o ingegno?

La direzione del futuro – anzi del presente – è questa. Si rassegnino puristi e tradizionalisti: per fare cultura in tempi di crisi le logiche neoliberiste (le stesse che, per assurdo, sarebbero in parte alla radice della crisi stessa) non sono più aggirabili. Dunque meno Stato e più mercato. Il che significa andare incontro a […]

La direzione del futuro – anzi del presente – è questa. Si rassegnino puristi e tradizionalisti: per fare cultura in tempi di crisi le logiche neoliberiste (le stesse che, per assurdo, sarebbero in parte alla radice della crisi stessa) non sono più aggirabili. Dunque meno Stato e più mercato. Il che significa andare incontro a progressive privatizzazioni, ma anche, per esempio, affidare agli sponsor il destino della programmazione di un museo. In parole povere: le mostre le offrono le aziende, in cambio di pubblicità e guadagni. Vecchia storia? In parte sì. Ma qui si parla di cogestione degli spazi pubblici, accanto ai privati, e della possibilità di affidare l’intera produzione dei contenuti al miglior offerente: che sia un marchio di caffè, di birra, di hamburger o di moda, non fa alcuna differenza (e perchè mai dovrebbe farne?). Non più, dunque, i soliti contributi aggiuntivi, ripagati col logo in bella vista, ma l’adozione in toto di un progetto, griffando per intero la comunicazione e soprattutto trattenendo gli incassi dei biglietti, con il vantaggio di stabilire le tariffe e le eventuali riduzioni.
Un esempio chiaro arriva, in queste ore, dal Mart di Rovereto, che grazie a una delibera della Provincia potrà attuare un simile piano nell’immediato futuro. A ottobre il museo trentino inaugurerà una grande mostra dedicata ad Antonello Da Messina, evento di altissimo profilo e, dunque, costosissimo. Assolutamente in linea con la Provincia sono infatti il presidente del Mart, Franco Bernabè, e la direttrice, Cristiana Collu: non solo concordi, ma agguerriti sostenitori della risoluzione adottata. I soldi dei privati servono, punto. Questione di sopravvivenza.

Cristisana Collu

Cristisana Collu

I fondi pubblici? Solo un vecchio ricordo, o quasi. Gravosi – e difficilmente falcidiabili – i costi fissi: 6 milioni per gli stipendi (tra i 61 dipendenti diretti e gli 89 impiegati dei servizi), più utenze e manutenzione. Mentre per le mostre c’è spazio di manovra: se nel 2012 i contributi annui erano pari a 5 milioni di euro, diventati l’anno dopo 1,5, per il biennio 2014-2015 ne arriveranno solo 500 mila. Una tragedia. Che probabilmente condurrà a una diminuzione delle attività, ma che per non potrà certo tradursi in un clamoroso naufragio. Ed ecco l’appello del Museo: sotto a chi investe. Cercasi sponsor per Antonello e per gli appuntamenti successivi. Insomma, il Mart è un vorace colosso che consuma una quantità di denaro non più sostenibile. Non riuscendo per altro a evitare il calo di visitatori: si è passati dai 308mila del 2011 ai 183mila del 2012. Anche qui numeri che fanno impressione.
E il tema visitatori e incassi, da adesso, diventerà anche e soprattutto un problema dello sponsor: lui decide chi paga e quanto, lui porta a casa il bottino. E se una mostra non è proprio di quelle che catturano le masse? Semplice: non si investe. La legge del mercato è lineare, quanto impietosa.

– Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

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