Basel Updates: collezionisti milionari chiusi per un drink in baracche di legno. Tante foto dal “Favela Café” di Tadahi Kawamata a Messeplatz
Art Basel, First Choice VIP preview. Milionari, affaticati, degustano un bicchiere di vino in calici dallo stelo lungo. Questa edizione di Basilea, che segna una recrudescenza dell’uso del paradosso, della sineddoche e anche della traslitterazione, porta i milionari succitati a riposare dentro baracche di legno che il giapponese Tadahi Kawamata, già Documenta IX, appronta per […]
Art Basel, First Choice VIP preview. Milionari, affaticati, degustano un bicchiere di vino in calici dallo stelo lungo. Questa edizione di Basilea, che segna una recrudescenza dell’uso del paradosso, della sineddoche e anche della traslitterazione, porta i milionari succitati a riposare dentro baracche di legno che il giapponese Tadahi Kawamata, già Documenta IX, appronta per il “Favela Café” a Messeplatz.
L’effetto è straniante e, forse, un po’ sconsolante. Molto più delle provocazioni di Koons con Cicciolina, o degli shock legati all’uso del corpo da parte di personaggi come Gina Pane o Marina Abramovic, questa installazione potrebbe diventare il nuovo paradigma di un mondo dell’arte, quello attuale, che nella sua oltre-post-modernità non soltanto non offre più giudizi di valore sulle cose ma si appresta a liquefare ogni possibile premessa di un possibile giudizio di valore, “estetizzando” qualsiasi realtà o idea. L’arte rischia di diventare così come il Candide di Voltaire, specie qui a Basilea, dove sono tutti ricchi, giovani e belli. Candide crede di vivere nel migliore dei mondi possibili, malgrado la realtà intorno a lui insista nell’offenderlo.
L’arte di oggi rischia un po’ la stessa cosa. Costruendo il Favela Café, quindi un’opera d’arte “applicata” alla refrigerazione delle bevande ed al consumo di panini, il rischio che si corre è di trasmettere una sorta di indifferenza etica pensando di alimentare una sempre più avvincente sensibilità estetica.
– Nicola Davide Angerame
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