Biennale Updates: musica maestro! Dai crooner animati di Mathias Poledna ai dj set di Gilat Ratman, passando naturalmente per i pianisti di Anri Sala. In Laguna è insistito il rapporto tra arte e musica
Non una semplice colonna sonora, quanto piuttosto l’oggetto ultimo di un’indagine e un’urgenza di comunicazione che sembrano fuggire sempre di più dall’immagine. Nella Biennale delle performance – Marcello Maloberti e Sislej Xhafa nel Padiglione Italia, e poi ancora Tino Seghal, Vadim Zarkhov e i rumeni Alexandra Pirici e Manuel Pelmus – fioccano pure le opere […]
Non una semplice colonna sonora, quanto piuttosto l’oggetto ultimo di un’indagine e un’urgenza di comunicazione che sembrano fuggire sempre di più dall’immagine. Nella Biennale delle performance – Marcello Maloberti e Sislej Xhafa nel Padiglione Italia, e poi ancora Tino Seghal, Vadim Zarkhov e i rumeni Alexandra Pirici e Manuel Pelmus – fioccano pure le opere musicali, riflessione su un modo altro di vivere il linguaggio, esprimersi, comunicare.
Ovvio il riferimento al Padiglione Francia di Anri Sala, che gioca sull’omofonia tra il verbo inglese to ravel – intricare – e il nome di Maurice Ravel: due video fuori sincrono inquadrano in una camera insonorizzata la mano di due diversi pianisti, intenti a suonare il Concerto per la mano sinistra in Re maggiore del compositore francese; altri due seguono la dj Chloé mentre tenta un improbabile mixaggio delle due tracce: variazione sul tema dell’analisi del tempo per Sala, che se a Kassel aveva messo mano a un orologio oggi sceglie di lavorare con la forma d’arte che più risente della variabile temporale. Didascalici gli ottoni di Valentin Carron per il Padiglione Svizzera, gradevolissimo il crooner animato che Mathias Poledna immagina per l’Austria: una vecchia canzone di Arthur Freed, ri-registrata per l’occasione negli studi della Warner Bros, diventa tema per un cartone dai toni squisitamente disneyani, volto a svelare in realtà il rapporto paradossale tra Vecchia Europa e società della comunicazione, declinata negli stereotipi offerti dall’industria cinematografica degli Anni Trenta e Quaranta.
L’omaggio a Evita di Nicola Costantino riporta il Padiglione Argentino all’epoca d’oro del tango e della milonga; struggente l’orchestrina che Ragnar Kjartansson fa salpare a intervalli regolari dall’Arsenale a bordo della S.S.Hangover, invadente il dj set improvvisato nel Padiglione Israele da Gilad Ratman, mentre Jeremy Deller eleva David Bowie a icona metafisica nel suo English Magic. C’è chi la musica la corteggia e la esalta senza emettere una nota: un teatrino in bilico tra kitsch e vaudeville quello delle proiezioni di Shary Boyle, che trasforma il Padiglione Canada in un piccolo scrigno bizzarro. E c’è chi fa le cose in grande. È anche musicista Konrad Smolénski, animatore della scena punk-rock polacca: un Vascellari dell’est Europa che piazza nel padiglione del suo Paese due campane in bronzo, collegate a un muro di amplificatori. Allo scoccare dell’ora piena è il delirio, con delay ed effettacci vari che sporcano il suono e rompono la limpida pulizia minimale di un allestimento nudo ed elegante.
– Francesco Sala
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