Occupy Gezi a Istanbul, anche per artisti e intellettuali inizia la Primavera Turca. Con un appello internazionale: “Aiutateci a difendere la libertà nel nostro Paese”
Barricate per strada, segni di guerriglia urbana ovunque. Si sveglia così Istanbul il quarto giorno di protesta contro il governo del primo ministro Erdoğan, dopo un’altra notte di attacchi spropositati perpetuati dalla polizia turca nei confronti dei manifestanti, a base di gas lacrimogeni e irritanti sparati ad altezza d’uomo, manganelli e arresti di massa. Ad […]
Barricate per strada, segni di guerriglia urbana ovunque. Si sveglia così Istanbul il quarto giorno di protesta contro il governo del primo ministro Erdoğan, dopo un’altra notte di attacchi spropositati perpetuati dalla polizia turca nei confronti dei manifestanti, a base di gas lacrimogeni e irritanti sparati ad altezza d’uomo, manganelli e arresti di massa. Ad Istanbul, come a Smirne, Ankara e altre città turche. La protesta, nata per difendere dalle ruspe il parco Gezi, a due passi da piazza Taksim, si è trasformata ben presto in una marcia senza distinzione di ceto sociale e d’ideologia politica, in difesa della democrazia turca. Facebook e Twitter sono stati (e lo sono tuttora) un’ancora di salvezza per diffondere le notizie in tempo reale, dentro e fuori i confini nazionali, nonostante i continui tentativi del governo di bloccare i social . Eh sì, perché tv e giornali nazionali stanno mantenendo un atteggiamento di vergognoso silenzio su quanto sta accadendo.
Così, mentre dalla maggior parte delle istituzioni culturali non si hanno per il momento cenni di solidarietà, artisti, filmaker, scrittori e intelletuali turchi, che della libertà di espressione hanno fatto un mestiere, non solo sono scesi in piazza per unirsi al canto di protesta, ma hanno anche redatto un manifesto contro la censura dei principali media locali, da NTV a CNN Türk, Habertürk e molti altri, che potete leggere a questo link. Non è la prima volta che gli artisti turchi si schierano contro il governo e la polizia locale, che a quanto pare è solita usare metodi poco ortodossi e di dubbia legalità su civili inermi. Tra i tanti, ricordiamo Hale Tenger e la sua installazione alla Biennale di Istanbul del 1995, che mostrava un gabbiotto della polizia dall’aspetto tutt’altro che rassicurante, e Volkan Aslan e il suo lavoro fotografico intitolato Any Given Day, risalente al 2010, per il quale l’artista mise in scena uno scontro tra poliziotti e manifestanti nello spazio Arter, di fronte a un pubblico non curante.
– Marta Pettinau
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