Quel gabbiotto a San Marco non ci può stare: la crociata di Massimo Bray, Renato Brunetta e Vittorio Sgarbi cancella lo stand della discordia dalle pendici del campanile. E si prospettano tempi duri pure per gli ambulanti
Brutto è brutto, non c’è niente da dire. La collocazione ai piedi del campanile di San Marco, poi, strategica nel renderlo punto di riferimento per i turisti, si rivela un vero e proprio boomerang estetico. Tutti lo vedono, tutti se ne accorgono, i più ne restano scontenti e infastiditi. Al punto da far montare una […]
Brutto è brutto, non c’è niente da dire. La collocazione ai piedi del campanile di San Marco, poi, strategica nel renderlo punto di riferimento per i turisti, si rivela un vero e proprio boomerang estetico. Tutti lo vedono, tutti se ne accorgono, i più ne restano scontenti e infastiditi. Al punto da far montare una protesta che diventa, nel clamore generale, caso di portata nazionale. Suona un po’ come la classica tempesta in un bicchiere d’acqua la faccenda del famigerato gabbiotto di Venezia – termine a dire il vero un po’ infelice trattandosi comunque di un posto di lavoro: saranno forse bestie quelli che lo frequentano? – stand che alle pendici del monumento ospita il Venice Official Store, negozio momentaneo che funziona come biglietteria accessoria per la mostra di Manet a Palazzo Ducale e per gli eventi della Fenice; ma che vive anche di un ambito prettamente commerciale, con micro-shop che spaccia gadget e oggettistica varia. Una soluzione a tempo, da sopportare fino al 18 agosto – data di chiusura della mostra. Evidentemente troppo. “Un obbrobrio” aveva tuonato a fine maggio il deputato PDL Renato Brunetta, veneziano doc, nel portare il caso all’attenzione del Parlamento in forma di interrogazione urgente; “un gabbiotto di merda” aveva rilanciato Vittorio Sgarbi dall’arena televisiva del Servizio Pubblico di Michele Santoro. Una questione di tale importanza da spingere lo stesso ministro Massimo Bray a twittare il proprio impegno in diretta dalla piazza, rassicurando la platea della rete (circa 13mila le adesioni alla pagina Facebook che ne chiedeva la rimozione) dei suoi immediati contatti con la soprintendenza. Accadeva nel pomeriggio di domenica 2 giugno, passa una settimana e arriva la notizia che il gabbiotto verrà spostato. Ridotto di due terzi, mascherato sotto i portici della piazza con una struttura in plexiglas, privato dell’apparato “da negozio” e riservato esclusivamente a uso biglietteria. Straordinaria celerità, plauso al ministro che caccia i mercanti da tempio, aprendo la strada a quella che il sindaco della città Giorgio Orsoni, secondo i giornali locali, già immagina come una nuova campagna per regolamentare la chiassosa presenza degli ambulanti nel cuore di Venezia. E che è già partita: blitz nelle ultime ore da parte della polizia locale, con controllo – bindella alla mano – sulle misure dei 37 chioschi attivi in piazza. Il regolamento comunale prevede che si debba stare nei limiti di un metro per un metro: quasi impossibile riuscirci, e così sono fioccate multe da mille euro a cranio.
A pagare il conto però, potrebbe essere anche qualcun’altro. Non è chiaro al momento che fine faranno i dipendenti impiegati a vario titolo nel chiosco: se rimane attivo il solo servizio di biglietteria, con sparizione di quelli accessori, ça va sans dire che chi si occupava di questi ultimi rischia di scoprirsi improvvisamente superfluo. L’augurio è che non tocchi a loro risarcire Venezia, assediata dal passaggio di milletrecento navi da crociera all’anno, da mega-cartelloni, ambulanti, abusivi con le patacche di Armani ed elastici baluginanti nel cielo notturno, di quel paio di mesi di imprescindibile decoro.
– Francesco Sala
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