Quel sentiero che porta verso Oltremare: Anselmo chiude il ciclo di mostre a Monteciccardo
Foto e ricordi dalla rassegna "Memoriale del Convento", partendo dall'ultima mostra: Giovanni Anselmo chiude il ciclo di personali presso il Convento dei Servi di Maria di Monteciccardo, tra Pesaro e Urbino.
Un artista a caccia d’infinito. Per Giovanni Anselmo, figura centrale del secondo Novecento, tra i maggiori esponenti dell’Arte Povera, l’idea di infinito fu ed è ancora una sorta di bussola, meta ed ossatura. Così, nella sua ricerca, frammenti infinitesimali di materia si incagliano nella struttura infinitamente mobile dell’esistenza. Fra terra e cielo. E non potrebbe esserci location più adatta, per opere concepite con simile slancio poetico e concettuale, di un posto come il Convento dei Servi di Maria di Monteciccardo, complesso cinquecentesco incastonato nel paesaggio tra Pesaro e Urbino, in cui l’arte contemporanrea è di casa, ormai da quasi un trentennio. Luogo raccolto, meditativo, che dal 1988 ospita testimonianze della ricerca contemporanea italiana di livello internazionale: quell’anno, con la mostra Borderline, iniziava un ciclo di mostre di spessore, via via che un’importante collezione prendeva forma, diventando oggi un patrimonio straordinario del luogo. L’ultima rassgena, Memoriale del Convento – titolo ispirato a un romanzo di Saramago – giunge oggi alla sua conclusione, proprio con una personale di Anselmo. Prima di lui Enzo Cucchi, Ettore Spalletti, Mario Merz, Giulio Paolini, Jannis Kounellis ed Eliseo Mattiacci.
Curato da Ludovico Pratesi, il progetto di Anselmo si articola attraverso una serie di sculture realizzate tra gli anni Sessanta e oggi. Al centro c’è il discorso antico e sempre attuale del rapporto tra uomo e natura, organico e inorganico, microcosmo e macrocosmo, per un percorso dentro la materia e le sue forme instabili, inseguendo i canali segreti e le oscillazioni dell’energia. Tutto ben racchiuso, ad esempio, nel bellissimo lavoro del 1992, Il Sentiero verso Oltremare: una linea di terra ritagliata nel vuoto della stanza, semplicemente; l’invito a camminarci sopra è un suggerimento utopico, per una passeggiata senza fine: puntare alla striscia blu oltremare sul muro, così regolare, così monolitica, così riconoscibile in quella gradazione unica d’azzurro, non è altro che puntare all’infinito. Assaporarne la consistenza, scorgerne la forma: come se fosse possibile, come se fosse un viaggio spirituale.
Accanto a un’anticipazione del percorso, con alcune immagini dell’allestimento, anche un salto all’indietro, ripercorrendo le personali realizzate negli anni precedenti. Fotografie, per l’ultima pagina di un memoriale poeico, visivo e visionario.
– Helga Marsala
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