Una Galleria Occupata, a Catania. Virtuale, però. Associazione senza fissa dimora, alle prese con questioni legali: contratti e consulenze per artisti e lavoratori dell’arte
Spinta verso la ricerca, assetto comunitario, autoproduzione, dinamiche orizzontali, spirito indipendente, attitudine non profit, attenzione al coté più sociale della cultura. Ecco, in sintesi, il profilo di un nuovo soggetto, nato in Sicilia in area catanese, su iniziativa di un gruppo coeso di artisti e critici, prima di tutto amici e spesso protagonisti di avventure condivise. […]
Spinta verso la ricerca, assetto comunitario, autoproduzione, dinamiche orizzontali, spirito indipendente, attitudine non profit, attenzione al coté più sociale della cultura. Ecco, in sintesi, il profilo di un nuovo soggetto, nato in Sicilia in area catanese, su iniziativa di un gruppo coeso di artisti e critici, prima di tutto amici e spesso protagonisti di avventure condivise.
Galleria Occupata rispecchia già nel titolo – forse un poco ironico – un modus operandi e un’atmosfera radicatisi negli ultimi anni anche in Italia: tra spazi culturali occupati, comitati di movimenti e associazioni di lavoratori dell’arte, una corrente piuttosto omogenea e discontinua – sia nella quantità che nella qualità delle azioni – ha contagiato il sistema ufficiale, predicando e praticando una nuova maniera di gestire la cultura come bene comune. In parte pregna di questi umori, l’iniziativa è lanciata da Alessandro Gagliardo, Maria Helene Bertino, Alessandra Cianelli, Enrico Aresu e Alessandro Aiello, Alessandra Ferlito, Emiliano Cinquerrui, Claudio Cocuzza, Giuseppe Lana, Zoltan Fazekas, Elisa Abela. Nucleo affiatato e infaticabile: chi arriva dal successo dell’artist run space BOCS, chi dalla Fondazione Brodbeck, chi dall’esperienza di Malastradafilm, tra cinema indipendente e produzione dal basso, chi dalla storica avventura del collettivo Canecapovolto. Di che si occupa l’inedita Galleria Occupata? Nessuno spazio fisico, intanto. Tutto si svolge in maniera effimera, nomade, dinamica: di occupato, piuttosto, c’è idealmente tutto un sistema da cambiare, scuotere, spronare.
Così, dopo un po’ di premesse sulla “pratica artistica come valore culturale collettivo” e sulla necessità di non basarsi solo sul “valore commerciale” delle professioni creative, il manifesto “si propone di contribuire al dibattito sulla rivendicazione dei diritti del lavoro intellettuale, riconosce l’importanza della tutela della proprietà intellettuale e sostiene tutti i soggetti che partecipano alla creatività culturale”. Ed è questo il focus dell’associazione: partendo dalla Risoluzione del Parlamento europeo del 7 giugno 2007 sullo statuto sociale degli artisti, si offre assistenza legale ad artisti e operatori del contemporaneo, mettendo a disposizione anche una serie di contratti per la regolamentazione dei vari rapporti professionali. Materiale rogorosissimo, stilato dalla giurista milanese Alessandra Donati insieme ad Vladivostok, gruppo di artisti che già dal 2010 svolge un lavoro simile a quello di Galleria Occupata e che adesso si è reso disponibile per un dialogo e un supporto tecnico. Qualche esempio? Contratti di commissione, di vendita, per la realizzazione di mostre, per i rapporti con le gallerie (nota spesso dolente, tra percentuali di guadagno, tempi di restituzione delle opere, esclusive, produzioni…), etc. Modelli disponibili gratuitamente, su richiesta, e passibili di modifiche e migliorie, anche in base alle singole esigenze.
Insomma, la parola d’ordine è una sola: tutelarsi. Per capire come difendere il proprio lavoro, dal punto di vista commerciale, della proprietà, dell’autorialità. A tutto questo si aggiungeranno attività di informazione, promozione, approfondimento, dibattito. Quando “occupato” fa rima con concreto e organizzato: sportello aperto e funzionante. Mettersi a turno è d’obbligo.
– Helga Marsala
http://www.galleriaoccupata.
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