Doppia Pina Bausch a Napoli. Al San Carlo il Tanztheater Wuppertal festeggia i suoi quarant’anni allestendo i mitici Café Müller e La Sagra della Primavera
Fondato nel 1973, il Tanztheater Wuppertal continua a presentare l’opera di Pina Bausch in tutto il mondo, sotto la direzione dello storico collaboratore Lutz Förster. In occasione del quarantennale delle sue attività ora torna a Napoli, dove la compagnia è in scena fino a domenica 14 luglio al Teatro San Carlo con due celeberrime coreografie: […]
Fondato nel 1973, il Tanztheater Wuppertal continua a presentare l’opera di Pina Bausch in tutto il mondo, sotto la direzione dello storico collaboratore Lutz Förster. In occasione del quarantennale delle sue attività ora torna a Napoli, dove la compagnia è in scena fino a domenica 14 luglio al Teatro San Carlo con due celeberrime coreografie: Café Müller, del 1978, e La Sagra della Primavera, di tre anni prima. Café Müller, in cui la Bausch stessa ha eccezionalmente danzato, si svolge in un oscuro “caffè della memoria” affollato di sedie vuote, tra le quali si muovono sei danzatori, sulle note del fulminate lamento d’amore di Henry Purcell. “Si tratta di uno degli spettacoli più perturbanti ‘in senso freudiano’ della coreografa tedesca”, sintetizza la storica della danza Elena Cervellati, poiché mette in scena “la sgradita durezza di situazioni a tutti familiari, che l’autrice coglie in anni lacerati da accesi conflitti sociali”.
Le Sacre du Printemps festeggia quest’anno il suo centenario: creazione epocale di Igor Stravinskij e Vaslav Nijinsky, la prima assoluta avvenne nel maggio 1913 al Théâtre des Champs Elysées di Parigi. Nella versione della Bausch, trenta ballerini (quindici uomini e quindici donne) danzano in una scena ricoperta di argilla, in una dimensione selvaggia e primitiva, con i corpi via via più affannati e imbrattati, in una sorta di concretissimo “trascendimento” (termine da intendere qui nell’accezione propriamente esistenzialista del “tendere verso il mistero dell’essere”).
È, quello della Bausch, un definitivo “superamento” della danza stessa che, come spiega Marco De Marinis, “avviene muovendo verso il suo centro, e cioè verso il corpo del danzatore, dalla cui riscoperta da zero scaturisce il nuovo linguaggio”. La danza della Bausch, conclude De Marinis, “indaga il linguaggio motorio all’interno della storia del corpo nella civiltà europea, con un atteggiamento critico-sociologico che tra l’altro richiama da vicino la teoria brechtiana del Gestus, cui si era ispirato anche il suo maestro Kurt Joos”.
– Michele Pascarella
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