E il teatro si fece museo. A Roma, il Valle Occupato presenta ST ART, primo nucleo di una collezione. Opere donate da artisti, in memoria di progetti e collaborazioni
Il rapporto tra il Teatro Valle Occupato e le arti visive racconta bene il senso di una gestione fondata sullo sconfinamento tra discipline diverse: ibridazioni multiple, per un’idea di teatro contemporaneo, aperto e sperimentale. Un teatro che ha ripreso a vivere dopo un gesto radicale di occupazione e che da quella parentesi, illegalmente creativa e […]
Il rapporto tra il Teatro Valle Occupato e le arti visive racconta bene il senso di una gestione fondata sullo sconfinamento tra discipline diverse: ibridazioni multiple, per un’idea di teatro contemporaneo, aperto e sperimentale. Un teatro che ha ripreso a vivere dopo un gesto radicale di occupazione e che da quella parentesi, illegalmente creativa e rivendicativa, non è uscito più.
Bene per le tante attività avviate, a fronte di un assurdo impasse istituzionale, male per la deresponsabilizzazione delle Istituzioni stesse: dietro il buonismo politically correct di un lasser faire politico, che legittima lo stato di autogestione perenne, si cela la mancata assunzione di ruolo da parte di un sistema chiamato – in teoria – a occuparsi del famoso “bene comune”. Finanziamenti? Organizzazione? Responsabilità di scelta e assegnazione? Roba vecchia. L’occupazione culturale cambia le carte in tavola e consegna alla città le sorti degli spazi. Chi prima arriva ed è più capace conquista i luoghi e li reinventa. Ed ecco, ad esempio, che dentro al teatro sboccia addirittura una collezione permanente d’arte contemporanea.
Dopo l’ultima iniziativa dedicata proprio al rapporto con l’arte – quell’A Theatre Cycle promosso dalla Nomas Foundation, strutturato da una serie di azioni e performance sul limite tra visione e rappresentazione, tra tempo scenico e spazio iconico – arriva oggi ST ART. Un inizio, per l’appunto, una partenza nuova, per un progetto che è in progress e che conta di espandersi, grazie ai doni di altri artisti.
Tutte le acquisizioni, infatti, sono passate dalle generose donazioni dei vari artisti coinvolti, per uno spettacolo, un incontro, un lavoro: Francesco Arena, Ulla von Brandenburg, Luigi Coppola e Marzia Migliora, Lara Favaretto, Flavio Favelli, Linda Fregni Nagler, Francesca Grilli, Laurent Montaron, Guendalina Salini, Maya Schweizer, Marinella Senatore, Marcella Vanzo, Clemens von Wedemeyer. Allestite negli ambienti dell’edificio, le opere non fanno capo a un discorso conservativo, né strettamente espositivo. Si tratta, piuttosto, di segni, presenze, testimonianze dell’intreccio progressivo di storie, racconti, incontri, esperienze corali.
Non una mostra, dunque, quella che prende vita tra le mura del Valle, ma un’occasione di dialogo tra artisti e cittadini, che dia conto di altri dialoghi già avvenuti, di collaborazioni passate, di piccole comunità formatesi nel corso dei mesi.
Altri nuclei di opere verranno, via via che nuove collaborazioni si consolideranno. Intanto, noi vi raccontiamo questo primo step, con una carrellata di foto, direttamente dai giorni dell’allestimento e dell’inaugurazione.
– Helga Marsala
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati