Picasso, Freud e Van Gogh in cenere per nascondere le prove del furto: clamorosa follia o fake geniale? Mistero attorno alla donna rumena che afferma di aver bruciato i sette capolavori rubati in ottobre a Rotterdam
Prima i fatti, sennò rischiamo di perderci. Rotterdam, autunno 2012: la Kunsthal Festeggia i suoi primi vent’anni di attività aprendo le porte alla collezione Triton. In mostra ci va il meglio della pittura moderna, da Picasso a Freud, passando per Matisse, Van Gogh, Mondrian, Dalì e compagnia cantante. Nella notte del 16 ottobre i soliti ignoti […]
Prima i fatti, sennò rischiamo di perderci. Rotterdam, autunno 2012: la Kunsthal Festeggia i suoi primi vent’anni di attività aprendo le porte alla collezione Triton. In mostra ci va il meglio della pittura moderna, da Picasso a Freud, passando per Matisse, Van Gogh, Mondrian, Dalì e compagnia cantante. Nella notte del 16 ottobre i soliti ignoti forzano una finestra, passeggiano per le sale e si portano via sette opere: nel catalogo figurano due Monet ed opere di Gauguin, Picasso, Freud, Matisse e de Haan; e viene da chiedere che problemi abbiano con i sistemi di sicurezza nell’efficientissima Europa del nord. Gli allarmi fanno cilecca, ma la polizia no: pochi mesi e in Olanda viene fermato un cittadino rumeno, accusato di essere organico ad una banda di connazionali già in odore di altri furti di opere d’arte. Il nostro vuota il sacco e si tira dietro altri sei connazionali, bloccati a stretto giro in patria, dove si ritiene cercassero acquirenti per la refurtiva. La cronaca si ferma alla rinuncia, da parte delle autorità olandesi, di chiedere l’estradizione dei sei Lupin dei Carpazi: ora comincia la leggenda. Che in assenza di prove provate può tranquillamente essere vera… ma anche no. Pare che tale Radu Dogaru, vistosi alle strette, abbia consegnato a mamma Olga il malloppo chiedendo di farlo sparire per un po’ giusto il tempo di far calmare le acque e veder ronzare altrove le sirene della polizia. Pare che l’energica matrona abbia prima imboscato la refurtiva in un casale abbandonato; salvo poi, pressata dal chiudersi del cerchio degli inquirenti, scegliere per la via più estrema. Senza corpo del reato non c’è reato, e così via tutto nel forno per cuocere il pane. Sette quadri in cenere, in fumo una cifra stimata tra i cinquanta e i cento milioni di euro perché – questo è vero – i ladri non sono andati a pescare tra i capolavori più importanti della mostra. Mentre il popolo della rete già sentenzia le proprie condanne, partono inevitabili le dovute verifiche. In attesa di capire se la buona Olga sia impazzita davvero o, piuttosto, non faccia la scema per non andare alla guerra.
– Francesco Sala
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