Più di quattrocento cartoline da città fantasma: il mittente è Velasco Vitali, che inaugura alla Triennale di Milano “Foresta Rossa”, indagine pittorica su un paesaggio urbano in fase di lento ma inesorabile collasso
Vivere nel Paese che, secondo le stime di Vittorio Sgarbi, ha visto costruire negli ultimi cinquant’anni 13milioni di edifici in cemento significa avere un occhio, un rapporto, un’empatia tutta particolare per il paesaggio urbano. Per la distanza che si misura tra pieni e vuoti. Sia in senso architettonico, naturalmente; sia umanistico: là dove il contenuto […]
Vivere nel Paese che, secondo le stime di Vittorio Sgarbi, ha visto costruire negli ultimi cinquant’anni 13milioni di edifici in cemento significa avere un occhio, un rapporto, un’empatia tutta particolare per il paesaggio urbano. Per la distanza che si misura tra pieni e vuoti. Sia in senso architettonico, naturalmente; sia umanistico: là dove il contenuto di questa mole spropositata di contenitori siamo noi. Opening in Triennale per la Foresta Rossa di Velasco Vitali, censimento in fieri che raccoglie ad oggi oltre quattrocento città fantasma scovate ovunque nel globo. La mitologia dei polverosi villaggi del Far West, con i cespugli riarsi a rotolare lungo la main street, si aggiorna con gli imponenti scheletri di Chernobyl e gli assideramenti post-industriali di Stromness, che sembrano raggelare il paesaggio in un perpetuo inverno dell’anima. Trenta dipinti di grande formato, con ruggente tavolozza à la Gerhard Richter e un centinaio di disegni, schizzi e appunti di viaggio raccolti in giro per il mondo: se Le Città Invisibili di Italo Calvino erano ammantate dal sogno, quelle di Vitali si scoprono soffocate dall’incubo dell’abbandono, archeologie di una civiltà in via di estinzione.
– Francesco Sala
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