Una temporary gallery proprio davanti al MUSE per sfruttare l’effetto Renzo Piano. Dura un mese la collettiva con cui i giovani artisti di Arte Boccanera indagano il confine tra scienza e contemporaneo
Quando si dice fare rete, mettere a sistema, non ragionare per compartimenti stagni. Quando si dice sinergia tra pubblico e privato: senza che il primo guardi in cagnesco l’altro, turandosi il anso davanti al vituperato denaro sterco del demonio. L’apertura di un nuovo museo è occasione ghiotta per creare meccanismi virtuosi, lo è a maggior […]
Quando si dice fare rete, mettere a sistema, non ragionare per compartimenti stagni. Quando si dice sinergia tra pubblico e privato: senza che il primo guardi in cagnesco l’altro, turandosi il anso davanti al vituperato denaro sterco del demonio. L’apertura di un nuovo museo è occasione ghiotta per creare meccanismi virtuosi, lo è a maggior ragione in una città come Trento – dove iniziative del genere non capitano tutti i giorni. Capita allora che ad accompagnare i primi passi del MUSE di Renzo Piano ci sia anche Arte Boccanera: che inaugura una collettiva nei consueti spazi di via Milano ed un’altra nella Pop-Up Gallery aperta proprio davanti all’ingresso nord del nuovo edificio, in uno degli spazi commerciali del nuovo quartiere Le Albere.
Giovani, talentuosi e – poteva essere diversamente? – sedotti dalla scienza. Uno show a tema, per un dialogo ideale con la collezione conservata nella nuova scatola di vetro che domina l’Adige. Il ceco Richard Loskot, classe 1984, veste i doppi panni del mago e del fisico, costruendo attorno alla sovrapposizione di più immagini del sole un elegante gioco sospeso tra il vedo e il non vedo; mentre l’ecuadoriano Kuai Shen – già in transito a Manifesta 9 – insiste con il proprio percorso dedicato a insetti e minime forme di vita. A chiudere il catalogo, tra gli altri, Younes Baba-Ali e Nebojsa Despotovic, il trentino doc Christian Fogarolli e Valentina Miorandi. Spassosa la sua fotografia Dio è amore, con un dito a coprire il messaggio e trasformarlo in un eloquente “Dio è a ore”; mentre nel prato antistante il museo trova posto, scultura effimera, la sua grande scritta in ghiaccio che recita We. All’ombra delle nuvole di metallo posizionate da Anna Maria Gelmi.
– Francesco Sala
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