Arte contemporanea e vecchi saperi, in un paesino dell’Abruzzo. Alessandro Carboni in residenza a Guilmi per il progetto GAP. Artigianato, microeconomie terriotoriali, apprendistato: e il futuro riparte dal passato
Tra globalizzazione, massificazione, neoliberismo e delocalizzazione, si torna anche a parlare, sempre di più, di cultura locale, tradizione, made in Italy, eccellenza artigianale, microeconomie, territorio, sostenibilità ambientale, realtà rurali. Proprio mentre a scandire il quotidiano c’è il ritornello della crisi, con quel rumore inquietante di saracinesche che calano, a ruota: botteghe, negozi, librerie, piccole imprese. […]
Tra globalizzazione, massificazione, neoliberismo e delocalizzazione, si torna anche a parlare, sempre di più, di cultura locale, tradizione, made in Italy, eccellenza artigianale, microeconomie, territorio, sostenibilità ambientale, realtà rurali. Proprio mentre a scandire il quotidiano c’è il ritornello della crisi, con quel rumore inquietante di saracinesche che calano, a ruota: botteghe, negozi, librerie, piccole imprese.
Ed ecco che, di conseguenza, tanti progetti culturali si sviluppano in questa direzione, recuperando un passato che possa servire da spunto per superare le contraddizioni del presente e indicare nuove ipotesi di futuro.
Il laboratorio dell’artista Alessandro Carboni, If don’t know why do you ask? (5-9 agosto), muove da tutto questo. E recupera il discorso, apparentemente demodé, sull’apprendistato e lo scambio di saperi. Siamo a Guilmi, un paesino di 486 anime della provincia di Chieti, piccolissimo nucleo della Comunità montana Medio Vastese. Qui, per la nuova edizione di GuilmiArtProject (GAP) – che in parallelo sta ospitando in residenza, da fine luglio, lo scultore Fabrizio Prevedello insieme al curatore Pietro Gaglianò – Carboni mette in atto un progetto che si nutre del carattere del luogo, delle sue pratiche antiche, delle sue abitudini ed attitudini. Un luogo in cui conoscenze, storie, insegnamenti, abilità manuali, professioni, vengono trasmessi dai padri ai figli, come tesori inviolabili che passano di mano in mano, di bocca in bocca, di esempio in esempio, attraverso generazioni.
Nel suo laboratorio l’artista interroga se stesso e i partecipanti intorno al concetto di “apprendimento”, affiancato da un gruppo di residenti over 65 – artigiani, lavoratori, pensionati – chiamati a condividere esperienze, competenze e racconti di vita. Una formula che innanzitutto restituisce centralità alla figura dell’anziano, in quanto reale protagonista del processo di trasmissione culturale. E che riporta nel cuore della tradizione, per capire quanto utile sia affiancare certe antiche modalità all’impianto educativo, produttivo, economico del presente.
If don’t know why do you ask? è allora un progetto dedicato al lavoro, al sapere, a vecchie e nuove politiche culturali, tra formazione, mercato, micro impresa e sviluppo territoriale. Ma è soprattutto un’indagine sul senso di una comunità, oggi: partire da quella stessa condivisione di gesti, di conoscenze e di valori, provando a innestarla su una idea del mondo contemporanea, aperta, mobile, scandita dalla comunicazione e da una sana vocazione internazionale. E l’arte, come sempre, raccoglie gli input diffusi e li restituisce sotto forme definite, contribuendo a indicare una direzione. A testimonianza di quanto conti, nell’ottica di una visione, l’intreccio tra cultura, politica ed economia.
– Helga Marsala
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