Il Ministro Bray firma il primo protocollo dei Beni Culturali con le Chiese Valdesi. Cultura, storia, paesaggio: quando la conservazione passa anche per la tradizione religiosa. Non solo quella cattolica, una volta tanto
Una notizia piccola piccola, una di quelle che passano un po’ sotto silenzio, nella generale ridondanza mediatica, ma che dischiudono un valore e un senso inequivocabili. Il Ministro Massimo Bray ne azzecca un’altra e si conferma, nelle poche ma definite azioni/dichiarazioni di questa prima tranche di governo, persona di spessore e non omologata alla mediocrità […]
Una notizia piccola piccola, una di quelle che passano un po’ sotto silenzio, nella generale ridondanza mediatica, ma che dischiudono un valore e un senso inequivocabili. Il Ministro Massimo Bray ne azzecca un’altra e si conferma, nelle poche ma definite azioni/dichiarazioni di questa prima tranche di governo, persona di spessore e non omologata alla mediocrità istituzionale diffusa. Succede che Bray, zitto zitto, firma un protocollo insieme a Eugenio Bernardini, Moderatore della Tavola Valdese, organo di governo delle Chiese Valdesi e Metodiste, tra le più antiche confessioni cristiane in Italia – da circa un millennio presenti sul territorio nazionale, nonostante le sanguinose persecuzioni – discendenti dalla gloriosa storia degli eretici di Pietro Valdo e poi confluite nella riforma di Lutero nel ‘500. Il documento vede per la prima volta la Tavola e il Ministero collaborare ad attività di catalogazione, inventariazione e valorizzazione del patrimonio culturale delle Chiese Valdesi, con un “reciproco accesso alle rispettive banche dati” finalizzato al “recupero e il restauro dei beni” e alla “salvaguardia dei contesti culturali e paesaggistici in cui sono inseriti”.
Certo, rispetto all’immenso patrimonio della Chiesa Cattolica si tratta di poca cosa. Quelle protestanti sono notoriamente chiese povere, che vivono attraverso i contribuiti delle comunità e che si sono edificate proprio sulla spinta di una forte critica al potere economico e politico del Clero. Austerità, semplicità, democrazia, modello assembleare, assenza di gerarchie, rapporto diretto col divino: un’identità teologica e culturale che passa anche e soprattutto da questi punti cardine.
Eppure, non saranno cattedrali, ori e sterminate proprietà, ma di beni dal valore storico, architettonico, documentale, paesaggistico e artistico ce ne sono eccome. Sono chiese antiche, databili tra il ‘700 e i primissimi del ‘900, in cui – dato l’approccio iconoclastico e lo stile severo – non sono custodite statue o tesori, ma che restano edifici di pregio, impreziositi spesso da splendide vetrate o affreschi non narrativi (celebri quelli di Paolo Paschetto); e poi sono le biblioteche – in primis il fondo della Facoltà di Teologia di Roma – i musei, i templi, gli archivi e i luoghi delle memoria, da quelli del Sistema eco-museale delle Valli Valdesi in Piemonte, a quelli di altri territori con una forte tradizione valdese (uno su tutti il Museo Multimediale Occitano di Guardia Piemontese, in Calabria).
Così, nell’ambito del decreto “Valore cultura”, questa piccola iniziativa testimonia una capacità di immergersi anche tra le pieghe del tessuto storico, nei luoghi – reali e simbolici – di rilevanti culture minoritarie, laddove i riflettori non sono mai puntati e il potere non trova approdo. Tra sensibilità ecumenica, intelligenza istituzionale e reale consapevolezza culturale, il protocollo siglato dal Ministro Bray e il Pastore Bernardini racconta un modello di Italia illuminata, già proiettata in avanti.
– Helga Marsala
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