Ma è Monet o Bill Viola? Video poetici alle Scuderie del Castello di Pavia per accompagnare una nuova (ennesima) mostra sul papà dell’Impressionismo. Della serie: quando l’allestimento conta…
I maligni potranno dire che a fronte di un catalogo tanto risicato – una quarantina le opere, solo venti quelle del maestro – era doveroso inventarsi almeno qualche effetto speciale. Quelli ancora più cattivi potranno obiettare che la nuova ennesima mostra su un impressionista potevano anche risparmiarcela, e che va giusto bene per il pubblico […]
I maligni potranno dire che a fronte di un catalogo tanto risicato – una quarantina le opere, solo venti quelle del maestro – era doveroso inventarsi almeno qualche effetto speciale. Quelli ancora più cattivi potranno obiettare che la nuova ennesima mostra su un impressionista potevano anche risparmiarcela, e che va giusto bene per il pubblico di una città di provincia. Obiezioni che ci stanno tutte: Claude Monet alle Scuderie del Castello di Pavia non è l’evento del secolo, ma tolto che la curatela di Philippe Cros offre spunti mai banali a rendere davvero interessante la faccenda è la trovata di un accompagnamento emotivo, filo conduttore che cuce le diverse sezioni del percorso espositivo.
Andiamo: in quanti si fermano a leggere i pannelloni a inizio sala? Per sottolineare i momenti cruciali meglio l’esperienza immersiva: video muti con attori che scrutano, si muovono in una lenta tensione poetica alla Bill Viola, diafani nei bianchi bruciati che sospendono tempo e spazio. In quadrifonia brani recitati ispirati ai carteggi del pittore, ricostruzioni volutamente romanzate ma veritiere: infotainment fatto bene, insomma, ben lontano dalla patetica ricostruzione storica in costume. Più che la mostra, insomma, poté l’allestimento…
– Francesco Sala
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