Quando i FRAC in Francia funzionano, e producono cultura: a Orléans si inaugura Turbolences, la nuova struttura museale firmata Jakob+Macfarlane
È attivo dal 1982 in Francia per volere del Ministero della Cultura, con il compito di smistare i finanziamenti e le realizzazioni artistiche o architettoniche per il territorio. Parliamo del FRAC – fondo regionale per l’arte contemporanea, che il 14 e 15 settembre, in occasione delle Giornate Europee per il Patrimonio, inaugurerà a Orléans il […]
È attivo dal 1982 in Francia per volere del Ministero della Cultura, con il compito di smistare i finanziamenti e le realizzazioni artistiche o architettoniche per il territorio. Parliamo del FRAC – fondo regionale per l’arte contemporanea, che il 14 e 15 settembre, in occasione delle Giornate Europee per il Patrimonio, inaugurerà a Orléans il nuovo centro culturale Turbulences. Opera dello studio Jakob+Macfarlane, duo interculturale con sede a Parigi, da sempre interessato ad esplorare le tecnologie digitali e i nuovi materiali, Turbulences altro non è che un’operazione simile – seppur su scala assai ridotta, solo 500 mq – a quella compiuta dal Louvre con la creazione della Pyramide di I.M. Pei: un gesto architettonico, un segnale urbano, una presenza plastica. Pensata come estensione dell’attuale museo (ricavato in seguito alla riconversione di antiche caserme militari dismesse dai primi anni Ottanta), la struttura serve esclusivamente per accogliere i visitatori con reception, bookshop e caffetteria, smistarne il flusso e indirizzarli verso gli spazi espositivi, situati ancora nel vecchio complesso.
Insieme collezione, laboratorio e centro ricerca, il FRAC raccoglie, dagli anni Cinquanta, l’opera di 150 architetti e 170 artisti, con un patrimonio di circa 600 lavori, 800 modelli e 15mila disegni. Il suo obiettivo: affermare un dialogo costante tra le discipline, attraverso lo sviluppo di sinergie creative, collezioni museali, esperimenti artistici e attività culturali. La geometria complessa di Turbulences nasce dallo studio in chiave parametrica della pavimentazione del piazzale antistante (trattato come spazio pubblico che colleghi i vari corpi) la cui griglia è stata immaginata dagli architetti come un insieme di linee di fuga che, ammassandosi, si distorcono e si estrudono fino a creare tronchi di cono sconnessi simili ad escrescenze, tre binocoli che inquadrano porzioni di cielo.
La struttura è costituita da tubolare metallico prefabbricato (da qui il nome), rivestito con pannelli in alluminio anodizzato uno diverso dall’altro, alcuni perforati e altri no, rivestiti internamente in legno. Ad enfatizzare la dinamicità dell’architettura, sono stati chiamati gli Electronic Shadow – Naziha Mestaoui e Yacine Aït Kaci -, duo di artisti interessati specialmente alle interazioni tra uomo e ambiente urbano attraverso l’utilizzo di sistemi visuali ed elettronici. Il loro intento qui è stato rendere, grazie all’uso di centinaia di diodi e luci led, parte dell’architettura interattiva, parte della facciata sul lato strada parlante nei confronti della città. Una “pelle di luce” insomma, chiamata Resonance, che risponda ai cambiamenti immediati generati da un server di controllo. Quasi una seconda architettura, immateriale, effimera, mediatica. Ad aumentare ulteriormente queste sinergie, in concomitanza con l’inaugurazione del nuovo edificio, la manifestazione ARCHILAB, arrivata alla sua nona edizione.
– Giulia Mura
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