Smart City è bello, ma attenzione al rischio-effimero. A Lecce ArtLab sviscera il ruolo sociale e culturale della città: fra tecnologia e etica
L’obbiettivo è doppio: da una parte i chiarirne il concetto, dall’altra analizzarne, insieme agli esperti, le implicazioni e il rapporto con la dimensione culturale. ArtLab 2013 mette al centro dei dibattiti leccesi le Smart Cities, tra i tre percorsi fondamentali previsti dal programma. Ne emerge un quadro molto ampio, ma nello stesso tempo lineare, in […]
L’obbiettivo è doppio: da una parte i chiarirne il concetto, dall’altra analizzarne, insieme agli esperti, le implicazioni e il rapporto con la dimensione culturale. ArtLab 2013 mette al centro dei dibattiti leccesi le Smart Cities, tra i tre percorsi fondamentali previsti dal programma. Ne emerge un quadro molto ampio, ma nello stesso tempo lineare, in una logica in cui corrisponde al concetto di Smart City una città che utilizza la tecnologia per migliorare la qualità della vita e per risolvere i problemi delle persone, ma soprattutto che si colloca all’interno di una dimensione creativa. I dibattiti ad ArtLab, che hanno coinvolto personaggi del calibro di Paolo Testa, direttore ricerche di Cittalia, Fondazione di ANCI, docenti universitari come Roy van Dalm (Han, Paesi Bassi), ma anche amministratori pubblici, hanno inoltre offerto una carrellata di best pratices a livello internazionale (con Barcellona punta di diamante), collocando invece Bari e Lecce tra le vette nella sperimentazione di queste pratiche nell’ambito nazionale.
Un Sud, una Puglia dunque, sempre più propositiva, che si trova però di fronte alla grande sfida di dover non solo creare delle città Smart, ma di creare dei programmi che rendano i cittadini altrettanto Smart. Se quindi sono ben chiare le “regole” che fanno di una città una Smart City (utilizzo energie sostenibili e consumo intelligente, reti pervasive e punti di accesso per tutti, educazione ed enterteinment, mobilità ed accessibilità, diritto alla salute e alla sicurezza), ė altrettanto evidente che questi strumenti volti ad incidere sulla qualità della vita, sono tali solo se la partecipazione delle persone ė effettiva e positiva. E in questo le politiche culturali possono fare molto. Il collegamento infatti tra cittadinanza attiva e politiche culturali, ha spiegato Franco Bianchini, autore nel 1995 del libro “Città Creativa”, esiste fin dall’illuminismo ed ha subito numerose variazioni. Dagli anni ’60 si ė “sancito” ad esempio il diritto di ognuno a diventare un artista, un creativo. Sullo scorcio tra agli anni ’70 e ’80 le politiche culturali hanno messo l’accento sulle periferie sociali e culturali, negli anni ’90 cultura ė diventato sinonimo di consumo e di spettacolo. Sono nati inoltre i festival, in grado di mettere insieme le comunità cittadine nello sviluppo di un’identità civica.
Oggi le Smart City offrono ulteriori possibilità, anche in un’ottica improntata ai dibattiti legati al bene comune. L’importante, avverte Valerio Zingarelli, ė passare “dall’azione locale al progetto politico generale. Le Smart City, inoltre, sono solo uno strumento“, continua. “Non risolvono, insomma, nė questioni morali, nė legate al modo in cui i cittadini vivono insieme o desiderano costruire la propria società. I grandi rischi in cui si incorre nel momento in cui si utilizzano le tecnologie permangono: sono l’utilizzo consapevole (e qui la cultura assume un ruolo fondamentale) e le scelte dei singoli a rendere le città veramente Smart”.
– Santa Nastro
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