The Learning Museum. A Bologna si incontrano istituzioni di tutto il mondo dedite all’educazione museale, che ora si uniscono in rete: e Artribune vi racconta tutto in diretta
La conferenza stampa si svolgeva questa mattina, ma Artribune è già in grado di raccontarvi i risultati di LEM – The Learning Museum, un progetto “di rete” nato nel 2010 a Bologna e realizzato con il supporto della Commissione Europea (Lifelong Learning Programme), con l’obiettivo di creare uno spazio permanente di condivisione e confronto dedicato […]
La conferenza stampa si svolgeva questa mattina, ma Artribune è già in grado di raccontarvi i risultati di LEM – The Learning Museum, un progetto “di rete” nato nel 2010 a Bologna e realizzato con il supporto della Commissione Europea (Lifelong Learning Programme), con l’obiettivo di creare uno spazio permanente di condivisione e confronto dedicato agli educatori museali sui temi della formazione, del volontariato, dello scambio culturale. Il presupposto è quello che i musei, intesi come spazi di apprendimento, devono progressivamente aggiornarsi, e questo può avvenire unicamente attraverso l’interazione, il confronto, lo scambio continuo di informazioni e conoscenza. In un’epoca in cui la dimensione internazionale è sempre più importante e competitiva, in cui qualsiasi attività, anche quella culturale, deve innanzitutto guardare al contesto globale per crescere, ma in cui le risorse sono sempre meno, aggiornarsi, in un sistema a rischio immediato di obsolescenza, è una sfida quotidiana. Alla quale LEM ha risposto con workshop, attività di ricerca, la condivisione di documenti e soprattutto con una piattaforma web che documenta passo dopo passo il progetto, guardando all’Agenda Europea 2020, che definisce l’Europa contemporanea “basata sulla conoscenza”.
Oggi i risultati sono stati raccontati in numeri. Nata con 23 aderenti, la rete è formata attualmente da 79 soggetti internazionali, provenienti da tutto il mondo. La composizione è infatti molto varia, dall’Italia agli Stati Uniti, dall’Inghilterra alla Russia, dalla Spagna alla Norvegia e così via. 2.800 sono gli iscritti alla newsletter. “Anche parlando con i funzionari europei che ci seguono“, ci spiega Margherita Sani dell’IBC (Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia Romagna), anima italiana del progetto, “emergeva la difficoltà di distinguere un progetto di rete da un’attività che produce dei beni o dei prodotti, ma il nostro obiettivo era la condivisione in un’ottica 2.0. E abbiamo avuto successo. Lo conferma la partecipazione alla conferenza di oggi, che prevede 170 persone iscritte provenienti da 28 paesi e da 120 istituzioni a livello internazionale non solo europeo. Risultati che tra l’altro sono figli di una open call bolognese che invitava in città ben 30 partner tra quelli che hanno sposato la rete nei suoi tre anni di vita e che non avevano ancora avuto l’opportunità o le risorse di incontrare gli altri soggetti “de visu”.
Ma non solo. Alcuni partner hanno avviato autonomamente delle collaborazioni bilaterali, “scambiandosi del personale” con l’obiettivo di creare delle strategie di aggiornamento low budget, ma anche condividendo dei progetti. Queste attività nate al di fuori dalla cornice di LEM, dimostrano però come oggi il networking possa realmente essere una delle strategie più efficaci per controbattere la crisi e i tagli alle risorse. Magari meno tangibili nell’immediato, ma molto di più in una prospettiva a lungo termine. E che garantiscono la sopravvivenza del progetto. ”Per esperienza personale“, commenta la Sani, “quando si creano certe connessioni, rimangono. Naturalmente stiamo già lavorando per garantire la continuità del progetto e della rete, progettando giornate di studi ed eventi con l’obiettivo di proseguire in questi rapporti. È evidente che un sostegno economico renderebbe più solido il nostro impegno, ma già per il prossimo anno riusciamo ad intravedere delle occasioni per riprendere le fila del discorso”.
– Santa Nastro
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