Damien Hirst spoglia Rihanna: firma d’autore per lo shooting che celebra i primi venticinque anni dell’edizione britannica di GQ. Con la reginetta del pop in veste di Medusa avvolta da serpenti
Il ragazzo deve pur mettere insieme il pranzo con la cena. E con il progressivo assottigliarsi della vena aurifera che gli scorreva per le dita facendolo re Mida del contemporaneo, ora deve arrangiarsi come può, fronteggiando un calo delle quotazioni che – lo dice Artforum – non è dei più leggeri. Così ben venga anche […]
Il ragazzo deve pur mettere insieme il pranzo con la cena. E con il progressivo assottigliarsi della vena aurifera che gli scorreva per le dita facendolo re Mida del contemporaneo, ora deve arrangiarsi come può, fronteggiando un calo delle quotazioni che – lo dice Artforum – non è dei più leggeri. Così ben venga anche la campagna di foto ultra-pop per l’edizione britannica di GQ, magazine che promette aggiornamenti su fashion & style e si risolve nei soliti inviti miracolistici all’addominale scolpito a botta di yogurt e corsette mattutine. Compie un quarto di secolo l’albionica versione della rivista per l’uomo di mondo e sceglie per autocelebrarsi la firma di uno che sembra ormai non voglia dire di no a nulla. Damien Hirst ovviamente, in versione photo-editor per una campagna di comunicazione che titilla i gusti voyeuristici più arditi: ecco il nostro acconciare Rihanna da novella Medusa, con occhio rettile alla Marilyn Manson e immancabile pitone a scorrerle lascivo sulle membra statuarie. Aggiornate il vostro immaginario erotico da lecito porno-soft: i tempi dell’anguilla gettata dal leggendario Bigas Luna sulla Bambola Valeria Marini vanno mestamente in soffitta, sostituiti da scatti d’autore che tripudiano di filtri ed effetti. Con tanto di body changing in stile Matthew Barney, con zanne da cobra adattate alle labbra di una starlette che non sta più nella pelle – e infatti resta coperta solo di tatuaggi e di una conchiglietta da ballerina di burlesque – e si auto instagramma citando il testo di una canzone dei Migos. Evidentemente la prima cosa che viene in mente quando si pensa alla parola “medusa”.
Operazione ruffianissima, ovviamente. Ed è un peccato. Perché il triangolo eros-arte-magazine di consumo non è così scontato debba portare a scatti poco incisivi. Basta frugare negli annali di Playboy per trovare gli efficacissimi tableau vivant di Cindy Sherman o le gioiose burrosità di Will Cotton. Altri nomi, altri interpreti…
– Francesco Sala
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