Banksy stoppato a Nyc dalla polizia? E in Italia la street artist finisce in tribunale. Succede a Bologna, dove Alice Pasquini è denunciata per i suoi murales. Il solito tema dell’illegalità: come distinguere tra vandalo e artista?
Artista o imbrattatrice? Per il Sindaco di Roma, Ignazio Marino, la 33enne Alice Pasquini è un talento delle pittura e dell’illustrazione, con la sua brillante carriera internazionale in ambito street. Ma basta spostarsi di qualche chilometro, fino alla progressista Bologna, per trovare chi la pensa all’opposto: il sindaco Virginio Merola e la Procura della Repubblica, per […]
Artista o imbrattatrice? Per il Sindaco di Roma, Ignazio Marino, la 33enne Alice Pasquini è un talento delle pittura e dell’illustrazione, con la sua brillante carriera internazionale in ambito street. Ma basta spostarsi di qualche chilometro, fino alla progressista Bologna, per trovare chi la pensa all’opposto: il sindaco Virginio Merola e la Procura della Repubblica, per esempio. Che alla brava Pasquini hanno rifilato un avviso di garanzia per il reato di imbrattamento, ai sensi dell’articolo 639 del codice penale, aggravato dall’articolo 81 per via della reiterazione. Dunque, se Marino aveva scelto una tela di Alicè – questo il suo nome d’arte – insieme a quelle dei colleghi Luca Padroni e Bol23, per arredare il nuovo Ufficio per i rapporti con i cittadini (URC) del Campidoglio, l’amministrazione bolognese non ha fatto distinzioni: una durissima campagna contro il writing sta infatti impegnando il Comune, esasperato dal proliferare di tag, scarabocchi, scritte, murales. Stessa guerra armata da Milano, da un po’ di anni a questa parte. E sebbene non sia certo una teppista di strada, Alicè è finta nel mucchio.
Galeotta fu un’intervista rilasciata sul Corriere di Bologna, dove, candidamente, la giovane ammetteva di aver dipinto spesso sui muri del centro, fornendo indirizzi esatti e specificando che tutti i pezzi erano firmati: “Ho deciso di firmare con il mio vero nome, dipingere durante il giorno e presentarmi a volto scoperto. Mi prendo i miei rischi”. Indagine facile facile, che porta dritto all’autrice. Alice rischia adesso un anno di reclusione e una multa fino a 1.000 euro, sempre che il suo avvocato non riesca a convincere i giudici: non di vandalismo si tratta, ma di arte contemporanea. Non autorizzata, d’accordo, ma è questa la filosofia di base. Che senso avrebbe – contestano in molti – dipingere solo dove è consentito? La vena disobbediente nasce con la street culture e resiste, ancora oggi.
Polemiche sul caso Pasquini? Tante: autorità giudicate miopi e repressive. La questione è quella, antica e dibattuta, della distinzione tra intervento artistico e gesto vandalico. Chi stabilisce il valore effettivo di un intervento spontaneo su un muro pubblico? Chi ne controlla la concentrazione e vigila sul rispetto dei parametri estetici ed urbanistici? Cosa si può tollerare e cosa no? Un semplice tag, una scritta volgare, un verso poetico, uno stencil, una pittura amatoriale, il wall painting di un artista affermato: mondi limitrofi eppure a volte lontanissimi.
Certo tra i vari “ACAB” o “Q’anto ti amo”, spiaccicati su facciate, arredi urbani e monumenti di molti angoli di città, e uno strabiliante lavoro indipendente di Blu, la differenza c’è e si vede. Tratto comune? L’illegalità. Sufficiente a far scattare ammenda e manette, come accade più spesso, in Italia e altrove: l’ultimissimo caso internaizonale è quello di Banksy, che in queste ore ha dovuto stoppare la sua residenza newyorchese, per via della polizia alle calcagna. Dunque, come se ne esce?
Illuminanti le parole di Sten & Lex, celebre coppia di street artist, intervistati di recente da Repubblica in merito al loro colossale restyling della facciata del Palazzo dell’Economia di Bari: “Anche le nostre origini sono nell’illegalità, ma adesso siamo più orientati verso la responsabilità artistica. La street art è in una fase di maturazione rispetto a quando la stessa illegalità faceva gola ai media. Resta il fatto che potenzialmente possono farla tutti, ma in Italia sono in pochi a raggiungere alti livelli“. Cambiano i tempi, cambiano le forme e gli approcci. Meno rischi, più responsabilità e modelli d’eccellenza, cercando committenze pubbliche o private: è il futuro della street art?
– Helga Marsala
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