Il Laboratorio dimezzato. Cambiano volto i Saccardi, i quattro siciliani politicamente scorretti, che restano in due. Ma dopo la scissione, una bella accelerata. Più politica che mai
Erano gli inizi degli anni Zero e una nuova generazione di artisti veniva fuori, caoticamente, a segnare il passaggio da un secolo all’altro, alle soglie del millennio nuovo. Nel fermento del milieu artistico siciliano sbucavano più o meno dal nulla quattro strani tipi, inclassificabili, assolutamente outsider. Vincenzo Profeta, Marco Leone Barone, Tothi Folisi e Giuseppe Borgia si presentavano sotto al nome enigmatico […]
Erano gli inizi degli anni Zero e una nuova generazione di artisti veniva fuori, caoticamente, a segnare il passaggio da un secolo all’altro, alle soglie del millennio nuovo. Nel fermento del milieu artistico siciliano sbucavano più o meno dal nulla quattro strani tipi, inclassificabili, assolutamente outsider. Vincenzo Profeta, Marco Leone Barone, Tothi Folisi e Giuseppe Borgia si presentavano sotto al nome enigmatico di Laboratorio Saccardi. Un nome attorno a cui avevano costruito una divertente e letteraria mistificazione. Eredi di Albert Saccardi, immaginario artista svizzero vissuto all’inizio del Novecento, i quattro moschettieri portavano una ventata di freschezza naïf e di ludica provocazione, con una pittura sporca, ingenua, appena dissacrante, polemica ma senza troppo nuocere. Divertenti e ingestibili, presto conosciuti anche oltre i confini dell’isola.
Dieci anni sono trascorsi, sul filo di una carriera coltivata con determinazione, tra step interessanti e naturali rallentamenti. Dieci anni e adesso, a sorpresa, un cambiamento radicale. Affidando a un comunicato stampa una nota condivisa, Tothi e Giuseppe (detto Pino) annunciano la loro dipartita. Non saranno più, da oggi, parte della famiglia. Escono dal gruppo, considerando “conclusa” quell’esperienza “generosamente esercitata e generosa di consensi”. Il motivo? “Sentiamo il bisogno di intraprendere nuovi percorsi. Di conseguenza ogni attività promossa dal gruppo a partire da oggi va attribuita ai componenti rimasti ai quali auguriamo buon proseguimento”.
Una rottura che dicono essere pacifica, nonostante quel velo di freddezza che trapela. “Nessuna polemica da alimentare”, aggiunge Tothi, quando lo contattiamo. E alle sue parole fanno eco quelle di Pino: “Semplicemente è un’esperienza che considero chiusa, avendo per me esaurito stimoli ed energie. Diciamo che non credevo più a queste dinamiche collettive”.
Resta dunque il nome “Laboratorio Saccardi”, che da adesso identificherà qualcosa di diverso. In questi anni di lavoro si sono susseguite per i quattro siciliani una lunga serie di mostre e iniziative, inseguendo un linguaggio via via più maturo e consapevole, come per il progetto in più tappe Sikania Risigng, la mostra-intervista con Gaspare Mutolo, la partecipazione alla Biannale di Shanghai o il bell’esperimento Casa Aut, nell’appartamento abbandonato di Gaetano Badalamenti, a Cinisi, a cento passi da casa di Peppino Impastato.
Adesso i quattro Saccardi restano in due. Marco e Vincenzo (detto Vicè). Che in pentola pare stiano cucinando un po’ di roba piccante. “Il progetto Laboratorio Saccardi non è mai stato una cosa chiusa, piuttosto un’idea, che come tale si evolve”, ci spiegano. “Sarà da oggi un lavoro molto più politico, mantenendo le nostre caratteristiche ironiche e dissacranti e utilizzando ancora nei mezzi una struttura pittorica. Nei prossimi mesi lanceremo un nuovo sito, insieme a nuovi progetti multimediali. In corso abbiamo collaborazioni con artisti e designer del calibro di Filippo Panseca, ma anche con giovanissimi, oltre alla partecipazione al progetto internazionale Imago Mundi di Luciano Benetton”.
E la mafia? Resterà ancora la zona oscura da indagare e dissacrare, con metodi politicamente scorretti e proposte fuori dal coro? “C’è in cantiere un progetto tutto palermitano chiamato Pizzo Sella Art Village, condiviso con il collettivo Fare Ala ed altri artisti del territorio. Un’azione simbolica e di denuncia, che mette insieme la situazione generale degli artisti e del sistema locale, e una realtà scandalosa come quella dell’abusivismo edilizio, del malaffare e dell’abbandono”. Un “villaggio” dell’arte sbocciato nella famosa “Collina del disonore”, laddove, negli anni Ottanta, centinaia di immobili abusivi sbucarono impunemente, nascondendo una poderosa operazione di riciclaggio di Cosa Nostra. Mafia, politica e arte contemporanea. Il Laboratorio Saccardi è vivo e più agguerrito che mai.
– Helga Marsala
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