Il teatro sulle tracce di Constantin Brancuși. Al DOM La cupola del Pilastro di Bologna performance, documentari e presentazioni dedicate al grande scultore rumeno: e al suo viaggio a piedi a Parigi…
Il primo studio dello spettacolo Proiezione Verticale, dedicato a Constantin Brancuși, ha abitato il DOM La cupola del Pilastro di Bologna nel febbraio 2013. Nei mesi a seguire, durante l’estate, Laminarie ha intrapreso un viaggio di oltre seimila chilometri via terra, per attraversare l’Europa sulle tracce dello scultore rumeno: Brancuși a inizio Novecento andò a piedi […]
Il primo studio dello spettacolo Proiezione Verticale, dedicato a Constantin Brancuși, ha abitato il DOM La cupola del Pilastro di Bologna nel febbraio 2013. Nei mesi a seguire, durante l’estate, Laminarie ha intrapreso un viaggio di oltre seimila chilometri via terra, per attraversare l’Europa sulle tracce dello scultore rumeno: Brancuși a inizio Novecento andò a piedi a Parigi partendo dal suo paese natale. La nuova “due giorni” bolognese, in programma il 21 e il 22 novembre, si aprirà con la proiezione del documentario realizzato su questo lento attraversamento da est a ovest che ha toccato città come Timisoara, Budapest e Parigi. È inoltre prevista la presentazione del nuovo numero della rivista Ampio Raggio – esperienze d’arte e di politica, con la partecipazione del geografo Franco Farinelli e del letterato Oscar De Pauli.
In entrambe le giornate sarà proposta la performance Proiezione Verticale di e con Febo Del Zozzo (drammaturgia a cura di Bruna Gambarelli): “Lo spettacolo indaga una delle più famose opere dello scultore rumeno, la ‘Colonna senza fine’, di cui l’artista realizzò diverse versioni. La più nota è una struttura modulare in ferro alta circa trenta metri che pesa 29 tonnellate. La performance, attraverso una partitura silenziosa di azioni, gesti e immagini, rimanda all’atelier dove l’artista solitario lavorava la materia. All’inizio, l’atelier è coperto da un velo e le azioni dell’attore sono quasi impercettibili: lavora senza discussioni apparenti con se stesso. Poi scopre la scena tirando manualmente il telo e rivela uno spazio ben perimetrato, con i confini bianchi e le superfici vuote”.
– Michele Pascarella
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