Installazione site-specific per Riccardo Benassi, che trasforma la Marsèlleria nella sua eccentrica Techno Casa. Tappa milanese per un progetto in itinere: tra video, musica e filosofie minimali
Un tempo armeggiava con la stessa disinvoltura spatole e pennelli, compassi e scalpelli, tavole e sinopie. Oggi si trova a masticare smartphone e campionatori, plastiche e cavi elettrici; si muove in una realtà esplosa più che espansa, viaggiatore multidimensionale che moltiplica situazioni e linguaggi tra reale e subliminale. L’evoluzione dell’artista totale, uomo vitruviano al centro […]
Un tempo armeggiava con la stessa disinvoltura spatole e pennelli, compassi e scalpelli, tavole e sinopie. Oggi si trova a masticare smartphone e campionatori, plastiche e cavi elettrici; si muove in una realtà esplosa più che espansa, viaggiatore multidimensionale che moltiplica situazioni e linguaggi tra reale e subliminale. L’evoluzione dell’artista totale, uomo vitruviano al centro di un frattale, porta ad esperienze come quella di Riccardo Benassi: che fa della Marsèlleria di Milano la sua intima Techno Casa, spazio ironico e poetico da vivere con mente e cuore; confutando il mito di un futuribile astratto, freddo, lontano. Un progetto con la valigia, in transito costante e continuo movimento: partito da Bologna la scorsa primavera, approdato a Ferrara non più tardi di un mese fa, presto al Museo Marino Marini di Firenze e oggi a Milano. Dove gode del respiro ampio di una location che, se hai qualcosa da raccontare, ti mette nelle condizioni di farlo senza freni. Nasce una teatralizzazione elegante, scenografia per un’indagine che si muove sullo scarto tra spazio reale e virtuale, privato e condiviso; sull’etica e l’estetica delle relazioni; su rapporti quasi sinaptici ed elettrici tra un individuo e l’altro, tra l’individuo e se stesso. Sul ruolo di un artista eternamente indeciso se essere protagonista o semplice testimone della Storia; su quello di un creativo che manipola il paesaggio – urbano ma non solo – secondo parametri immaginifici e spesso incomprensibili, incontenibili.
Tutto ruota attorno ai dieci video della serie Allegati, racconti lo-fi in bianco e nero girati con la fotocamera del cellulare, supporto per un bandino a scorrimento che simula le breaking news dei telegiornali: testi diretti, asciutti, flussi di coscienza in stile Joyce che vagano senza soluzione di continuità. Come la matita sulla pagina de La Settimana Enigmistica, con le rette che passano da un puntino all’altro e rivelano il loro messaggio solo una volta arrivati alla fine. In un triangolo tra gocce d’olio, indagini di mercato in Sud America e raccolta differenziata dei rifiuti; o ancora nella definizione della parola “amore”, nel senso del tempo che passa, nel rapporto tra passato e futuro.
La voluta sporcizia formale dei video, guidati da un tappeto sonoro ossessivo compulsivo che reitera techno-pop in stile Anni Ottanta e industrial-noise d’avanguardia, vive dello schianto visuale con i delicatissimi interventi ambientali. Scantinato deserto, insert plastici verde acido sottolineano con educazione prese e porte digitali; passatoie in panno grezzo conducono ad alcove dove perdersi in letargie multimediali.
– Francesco Sala
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