Kwang Sheung Chi vince l’Hugo Boss Asia Art Award come miglior giovane artista in arrivo dall’Estremo Oriente. E in tema di contest internazionali a Bergamo si assegna a Sam Korman il Premio Bonaldi per i curatori del futuro
Due contesti completamente differenti. Da un lato una delle più frizzanti Tigri asiatiche, piattaforma dove il business dell’arte galoppa che è un piacere; dall’altro il microcosmo di una provincia felice, che fa sistema e sa sostenere un tessuto culturale sorprendentemente vivace. E ancora: qui il lascito di un ammirevole mecenate e l’incontro con una istituzione […]
Due contesti completamente differenti. Da un lato una delle più frizzanti Tigri asiatiche, piattaforma dove il business dell’arte galoppa che è un piacere; dall’altro il microcosmo di una provincia felice, che fa sistema e sa sostenere un tessuto culturale sorprendentemente vivace. E ancora: qui il lascito di un ammirevole mecenate e l’incontro con una istituzione pubblica; là l’impegno di un colosso della moda, che fa del sostegno al contemporaneo una questione di potenziamento del proprio brand aziendale. Storie diverse, accomunate da una medesima filosofia e un identico risultato: scandagliare, setacciare, scovare il sottobosco dell’arte ultima e più giovane. Infine provare a sostenerla.
Hugo Boss lo fa con un’iniezione di 300mila yuan (siamo attorno ai 50mila euro), malloppo assegnato in queste ore al vincitore della prima edizione del premio, a cadenza biennale, che focalizza l’attenzione sulla scena dell’Estremo Oriente; raddoppiando l’impegno verso l’arte di un’impresa titolare, dal 1996, di uno tra i riconoscimenti più ambiti dell’artworld. La giuria è importante – tra gli altri anche Jochen Volz e l’ormai “nostro” Hou Hanru – la cornice quella del Rockbund Museum di Shanghai: la palma del migliore va a Kwang Sheung Chi, nato a Hong Kong nel 1980, che conquista con la sua installazione Water Barrier (Maotai-water, 1:999), elegante riflessione sul tema delle disparità sociali, declinate con un intervento di poetico realismo. Due barriere anti-sommossa in plastica sono appesantite con acqua nella quale è mescolato il contenuto di una bottiglia di Maotai, il più celebre liquore cinese. Lo stesso passato alla storia per essere stato offerto da Mao a Richard Nixon ed essere stato avidamente sorseggiato da Kissinger nel corso dei suoi incontri diplomatici con Deng Xiaoping: un simbolo nazionale, un facilitatore relazionale, che nella disparità di proporzione con l’acqua – il rapporto è un litro a 999! – simboleggia il titanismo delle lotte in favore dei diritti civili. Concetto ribadito dal video che vede lo stesso artista provare a ribaltare in solitudine le barriere, all’ombra di un cartello che ammonisce: “attenti alle persone!”.
Da quest’altra parte del globo si consuma invece il rito della settima edizione del Premio Bonaldi, che offre a un curatore under30 gli spazi della GAMeC di Bergamo e il gruzzolo necessario a mettere in scena il proprio progetto. In giuria i padroni di casa Giacinto Di Pietrantonio e Stefano Raimondi, ma anche la curatrice della Kunsthaus di Zurigo Mirjam Varadinis e il direttore del CAC di Brétigny Pierre Bal-Blanc; a vincere è Sam Korman da Buffalo, N.Y., con il suo Mississippi. Un progetto di residenza, con collettiva finale, che coinvolge Elaine Cameron-Weir, Jacob Kassay, Josh Tonsfeldt e il designer David Knowles: basandosi sulle suggestioni narrative di Mark Twain ed evocando lo spirito di Giacomo Costantino Beltrami, l’avventuriero bergamasco che nel 1823 scoprì le fonti del grande fiume. Una inedita riflessione sul genius loci, riletta in salsa glocal.
– Francesco Sala
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