Scompare il poeta dell’arte visiva. L’artista Luciano Pivotto muore tragicamente a Biella: usava la parola come segno grafico di riflessione. Lo ricordano i suoi amici della Galleria biellese BI-BOX
Può succedere che un’assenza scavi dentro molto più di una presenza costante. Per tutti i dubbi irrisolti, le domande senza risposta, che quella stessa mancanza ha scatenato in profondità. Nella vita come nell’arte. È questo il caso dell’artista biellese Luciano Pivotto, venuto a mancare tragicamente il 19 novembre a Biella. Con lui scompare un artista […]
Può succedere che un’assenza scavi dentro molto più di una presenza costante. Per tutti i dubbi irrisolti, le domande senza risposta, che quella stessa mancanza ha scatenato in profondità. Nella vita come nell’arte. È questo il caso dell’artista biellese Luciano Pivotto, venuto a mancare tragicamente il 19 novembre a Biella. Con lui scompare un artista che da decenni è stato protagonista nell’arte biellese e non solo. Perché è stato soprattutto una figura di riferimento per molti giovani artisti legati alla Galleria BI-BOX di Biella di Irene Finiguerra che così lo ricorda: “In questi due anni Luciano è stato l’artista con il quale BI-BOx ha lavorato più che con altri, non solo per la stima nei suoi confronti, ma per la fiducia che si è instaurata fra di noi. Con Luciano abbiamo partecipato a SETUP a Bologna, sino alla recente esperienza di The Others a Torino. I suoi lavori incentrati sull’uso della scrittura, come segno che delinea forme e figure, sono sempre stati ricchi di un messaggio di grande impegno civile. Uomo gentile, ricco di interessi, colto, è stato per me e per tutti gli artisti che, anche grazie alla sua presenza, si sono ritrovati in un gruppo che si stava ricomponendo per lavorare su nuovi progetti, un esempio di coerenza e rigore. Grazie Luciano, ci mancherai”.
Un gruppo legato da saldi sentimenti di amicizia, come nel caso di due artisti biellesi, entrambi assistenti presso Cittadellarte – Fondazione Pistoletto. Gigi Piana ricorda: “Luciano era un Maestro, nel senso più nobile, persona rara, la sua coerenza “politica”, non partitica, il suo impegno civile, il suo rispetto per ciò che faceva lo rendeva unico, uno dei pochi artisti italiani che è riuscito ad avere un riscontro internazionale, senza svendere se stesso ed i suoi lavori. Maestro perchè sapeva trasmettere agli altri artisti il suo sapere, il suo amore per l’arte”. Gli fa eco Loris Bellan: “Nonostante la mitezza era un trascinatore, un uomo vitale, gran parte degli avvenimenti artistici biellesi, senza Pivotto, non si sarebbero realizzati. Assieme ai suoi artisti coetanei, nel ’94, inaugurò Passaggi A Nord Ovest, dove la città di Biella, ogni estate, veniva invasa di arte da tutta Italia e fuori. Una rassegna importante che si riorganizzò fino al 2002, e fu anche presa da esempio all’estero”.
Un gruppo che con lui condivideva una certa affinità stilistica, come nel caso dell’artista bolognese Alessandra Maio: “Le parole nei suoi quadri sono scritte in modo chiaro e leggibile, sono pronte a essere lette e a completare il senso dell’immagine che descrivono, e proprio su questo abbiamo chiacchierato molto, perchè invece nei miei lavori le parole si fanno groviglio, si devono cercare con la lente, vanno indagate”. E una comune visione poetica della realtà, unita a una sincera e profonda stima, lo legava anche all’artista torinese Opiemme: “La figura di Luciano, per quanto poco lo conobbi, divenne per me quella di un Maestro, di un precursore. Intrecciava disegni con le parole come se fossero fili, e componeva pitture che mi ricordavano litografie. La sua pittura è l’evoluzione della poesia visiva italiana, dei calligrammi di Guillaume Apollinaire, con lui per primo la poesia ha trovato forme esteticamente più articolate. Dopo la scomparsa di Martino Oberto nel 2011, un altro maestro del rapporto fra immagine e parola ci lascia”.
Nato a Trivero (BI) nel 1951, Luciano Pivotto è stato per anni, fino alla pensione dei mesi scorsi, Conservatore presso la Fondazione Sella, dove si occupava dei fondi fotografici. Aveva iniziato la sua carriera artistica negli anni ’70, realizzando lavori di carattere astratto-figurativo, con uso di materiali poveri e di recupero. Poi, negli anni ’80 e ’90 le prime esperienze espositive in Italia e all’estero grazie a delle opere che, facendo uso di tecnologia rudimentale, si interessavano alla trasformazione della materia e all’intervento sonoro. Successivamente si è dedicato alle suggestioni e alle urgenze civili tratte dai media, producendo lavori con alfabeti delle bandiere nautiche e dei sordomuti. Nelle sue ultime creazioni il segno distintivo è stato, però, la scrittura, con finalità di archivio della memoria visiva e letterale, con un richiamo all’antica attività del copista. La superficie su cui lavorava di consueto era la cera, elemento caldo sempre in trasformazione, su cui incideva i suoi messaggi di sensibilizzazione sociale. È stato il fondatore insieme ad altri artisti del gruppo Manifesto 0, che si è occupato di arte pubblica diffusa nei quartieri della città di Biella. Tra le sue ultime personali ricordiamo Hope, Showcase, Amsterdam 2003; HELP, Espace Blanche, Bruxelles 2004; quelle presso la galleria Maria Cilena di Milano nel 2005, nel 2007 e nel 2009; Rapporti A2 (insieme con Gigi Piana), Officine Caos, Torino 2010.
– Claudia Giraud
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