Ecco il programma del Madre di Napoli per questo autunno\inverno 2013. E nel video il direttore Andrea Viliani ci anticipa qualcosa anche sulla primavera oltre a Vettor Pisani e Ettore Spalletti
Attenzione all’arte italiana e locale, uno sguardo costantemente rivolto alla scena emergente nazionale e internazionale, relazioni incrociate e ricerca come cantiere permanente: le parole d’ordine dell’attività 2013-2014 del nuovo Museo Madre delineano un programma dalle ambizioni asciutte e sobrie, ma di respiro non corto. Sarà per l’inevitabile paragone con la vecchia direzione, che aveva prodotto […]
Attenzione all’arte italiana e locale, uno sguardo costantemente rivolto alla scena emergente nazionale e internazionale, relazioni incrociate e ricerca come cantiere permanente: le parole d’ordine dell’attività 2013-2014 del nuovo Museo Madre delineano un programma dalle ambizioni asciutte e sobrie, ma di respiro non corto.
Sarà per l’inevitabile paragone con la vecchia direzione, che aveva prodotto il pullulare espositivo di grandi, grandissimi – ma anche esosi, e infatti i costi annui del nuovo corso si assestano su poco più di 5 milioni all’anno, quasi la metà rispetto al passato – nomi dell’artworld mondiale con personali di art-stars di primissimo calibro, ma la nuova gestione del direttore Andrea Viliani e del presidente della Fondazione Donnaregina Pierpaolo Forte, sotto l’egida dell’Assessore Caterina Miraglia, restituisce il polso di un museo-militante che rinuncia a troppe e troppo pericolose campagne di Russia senza, tuttavia, abbandonare il campo di battaglia, ridefinendolo piuttosto in una guerriglia più mirata, circoscritta, esatta. Understated ma non semplicistica, attenta a evitare dispendi e salassi di forze ed energie.
È dall’identità locale e italiana che si vuole ripartire, con una grande retrospettiva a dicembre di Vettor Pisani, “gigante”, nelle parole di Viliani, cui restituire centralità per riscrivere una pagina di storia dell’arte troppo spesso sottovalutata, così come con nuove acquisizioni – tra le quali opere di Ernesto Tatafiore, Carlo Alfano, Nino Longobardi, Gianni Pisani – che sembrano premiare la consapevolezza regionale. Così rinvigorito da autocoscienza delle origini, il museo sceglie dunque di affacciarsi con spalle più forti sul panorama della sperimentazione internazionale. “Non esiste più nel Madre una project room perché tutto il Museo, d’ora in poi, sarà progetto”, sottolinea il Direttore. E senza dubbio è ad alto tasso di esplorazione creativa l’ampia personale programmata in febbraio di Pádraig Timoney, mid career irlandese ma con forti legami partenopei per i suoi lunghi anni di lavoro e residenza a Napoli, oltre che per gli stretti nessi con la sua galleria di riferimento in città, Raucci e Santamaria. Indovinato snodo ideale tra “noi” e “gli altri”, il criterio di costituzione della collezione – utilizzare le scuderie di artisti delle gallerie napoletane e le esperienze culturali locali come osservatorio privilegiato sull’arte mondiale – continua a permettere, con Per_formare una collezione #2, prosecuzione del processo già iniziato in estate, una sintesi tra identità e alterità: nel secondo step, focus a cura di Maria Savarese sull’esperienza d’indagine, tra arte e teatro, di Spazio Libero.
Ibridazioni, relazioni e interazioni anche nel modus operandi complessivo del Madre che, oltre a proseguire la già sperimentata cooperazione nel Progetto XXI con la Fondazione Morra Greco – tra i futuri appuntamenti, Geoffrey Farmer–Bettina Allamoda e Mark Dion – in primavera inaugurerà, con una personale di Ettore Spalletti in collaborazione con la GAM di Torino e il MAXXI di Roma, un nuovo ed esemplare modello di asse sinergico nord-centro-sud, e che continua anche in senso più ampio a intrecciare dialoghi con tutti i soggetti del territorio promuovendo nuove modalità di fruizione degli spazi dell’arte, con serate musicali dedicate a studenti Erasmus, corsi di fotografia a cura di Fabio Donato e Mario Franco, eventi per famiglie, percorsi per giovani artisti e addirittura enogastronomici.
A chiudere il cerchio e dare ossatura forte a tali molteplici assi, una sottostante e permanente attitude scientifica, con l’allargarsi del Dipartimento di Ricerca grazie all’ingresso di Olga Scotto di Vettimo. Insinuarsi nelle pieghe storico-critico-artistiche, magari particolarmente legate al territorio, per illuminarne episodi ingiustamente in ombra e strutturare un flusso di diffusione della creatività contemporanea certamente meno mainstream rispetto alla precedente Epoca Cicelyn-Codognato: dobbiamo dimenticarci del tutto, complice forse anche la crisi economica, nei cartelloni del MADRE i nomi blockbusters che, seppur rispondenti a un’ottica più facile e ad automatismi culturali a volte meno mordaci, nondimeno permettevano a un grande pubblico ancora di certo non educato all’arte contemporanea di conoscere inignorabili capitoli propedeutici? Ci risponde Andrea Viliani…
– Diana Gianquitto
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati