Un direttore esterno e un bando per sceglierlo. A Roma si muove qualcosa all’ombra del Macro. Ma i tempi si allungano e il museo si svuota
Gli aggiornamenti sulla poco edificante vicenda del Macro – un bellissimo museo d’arte contemporanea che la nuova amministrazione capitolina di Ignazio Marino ha vissuto come un ingombro invece che come una straordinaria risorsa – sono frammentari e disordinati. Dovrebbe essere scongiurato il passaggio del Macro dalla Sovrintendenza al Dipartimento Cultura del Comune. La mossa, che […]
Gli aggiornamenti sulla poco edificante vicenda del Macro – un bellissimo museo d’arte contemporanea che la nuova amministrazione capitolina di Ignazio Marino ha vissuto come un ingombro invece che come una straordinaria risorsa – sono frammentari e disordinati.
Dovrebbe essere scongiurato il passaggio del Macro dalla Sovrintendenza al Dipartimento Cultura del Comune. La mossa, che avrebbe probabilmente derubricato il museo a mera location, dovrebbe essere rientrata. Come dovrebbe essere rientrata l’intenzione di affidare il museo di Via Nizza ad una personalità interna al Comune salvo poi chiamare volta per volta dei curatori a seguire le singole mostre. Anche Flavia Barca (non si tratta propriamente l’assessore alla cultura con le idee più chiare del mondo, quanto ad arte contemporanea…) si è convinta che una istituzione del genere deve essere gestita da personalità con delle peculiarità non rintracciabili all’interno dell’amministrazione. Ed ecco che il Macro dovrebbe beneficiare di uno dei 15 (pochissimi) dirigenti esterni che il Comune di Roma potrà nominare. Tuttavia lo ‘slot’ richiesto dalla Barca non sarebbe l’unico per quanto di sua competenza, ma farebbe parte di un mini-stock di due dirigenti. E se l’amministrazione, come è probabile, gliene accordasse soltanto uno? Vedremo.
Un dirigente esterno, tuttavia, non si può selezionare per chiamata diretta. Anzi, si potrebbe volendo, ma la cosa sarebbe distante anni luce dall’impostazione “tutta trasparenza” che Marino ha voluto dare al Comune di Roma. Peccato che poi la trasparenza serva molto all’immagine, ma spesso molto poco alla sostanza. E la figuraccia per la scelta del capo della Polizia Municipale dovrebbe insegnare qualcosa. Dunque, in sostanza, si farà un bando; una evidenza pubblica. Bando per il Macro che, tra l’altro, sarà affiancato da un bando per la scelta del Sovrintendenze, altra figura più che strategica per la cultura nella Capitale.
Il bando servirà a portare al Macro un direttore di livello e idee migliori di quelle presentate sin’ora? Non lo sappiamo. Barca ha promesso di condividerne gli intenti con gli operatori e in particolare con la Consulta per l’Arte Contemporanea, organismo auto-costituitosi un paio d’anni fa che tuttavia si è sciolto tempo fa… L’unica cosa che sappiamo è che il bando richiede un sacco di impegno organizzativo, legale, logistico e dunque di tempo. Si parla almeno di sei mesi, che sommati ai sei mesi già passati fanno un anno tondo tondo. Un’eternità per un museo d’arte contemporanea che si basa su immagine e reputazione (tutti i MacroAmici, per dire, hanno ovviamente smesso di contribuire: perdita secca di 150mila euro); un’eternità che conferma l’errore compiuto a monte dall’amministrazione: prorogando per un altro anno il contratto a Bartolomeo Pietromarchi il museo non si sarebbe fermato, si sarebbe potuto procedere ad un bando in tranquillità e senza le angosce che ci sono ora, si sarebbe continuato a progettare e ad impostare il futuro del museo che invece si presenterà all’ipotetico nuovo direttore come una tabula rasa sotto troppi punti di vista: le relazioni, gli sponsor, i progetti nei cassetti, la reputazione…
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