Pietre Dure, ma anche pittura contemporanea. All’Opificio di Firenze parte il restauro di un Pollock della Collezione Guggenheim di Venezia: ecco le immagini
Firenze, dicembre 2013: mentre il movimento dei Forconi si fa sentire all’esterno delle mura della Fortezza da Basso, all’interno di esse, negli spazi del Laboratorio dell’Opificio delle Pietre Dure, proprio vicino a dove si sta restaurando L’Adorazione dei Magi di Leonardo di cui vi avevamo parlato nell’ottobre dello scorso anno, si svolge la conferenza stampa […]
Firenze, dicembre 2013: mentre il movimento dei Forconi si fa sentire all’esterno delle mura della Fortezza da Basso, all’interno di esse, negli spazi del Laboratorio dell’Opificio delle Pietre Dure, proprio vicino a dove si sta restaurando L’Adorazione dei Magi di Leonardo di cui vi avevamo parlato nell’ottobre dello scorso anno, si svolge la conferenza stampa di presentazione del restauro sull’opera Alchemy, capolavoro dell’artista americano Jackson Pollock appartenente alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia. Da giugno scorso infatti la Collezione ha avviato un progetto di studio e conservazione di dieci opere di Pollock realizzate dal 1942 al 1947 e appartenenti al museo veneziano, opere collezionate dalla famosa mecenate Peggy Guggenheim ed esposte negli anni ’40 nella sua famosa galleria newyorkese Art of This Century. Dopo le prime fasi di questo studio presentate a ottobre a New York presso l’Istituto Italiano di Cultura, dallo scorso 2 dicembre Alchemy si trova a Firenze per un intervento di analisi e conservazione: una delle opere più note ed amate, uno dei primi dripping realizzati da Pollock nel suo studio di Long Island.
L’opera verrà sottoposta ad ulteriori analisi e prove per prepararla all’intervento di pulitura della complessa superficie pittorica composta da diversi strati di smalto, resina alchidica e colori ad olio, uniti a materiali come stringhe, sabbia e sassolini con grumi di pittura, schizzi e sgocciolamenti. Negli anni la polvere ha compromesso la qualità estetica dell’opera, opacizzandone i colori e diminuendo la percezione tridimensionale. Il progetto, unico nel suo genere in Italia, vede coinvolte varie istituzioni, dal dipartimento di conservazione del Guggenheim di Venezia con Luciano Pensabene Buemi, al Solomon R. Guggenheim di New York con Carol Stringari, all’Opificio di Firenze, al MOLAB di Perugia, al CNR Nazionale di Ottica di Firenze ed al Laboratorio di Diagnostica di Spoleto, ma anche scienziati e conservatori americani che hanno già svolto ricerche sulle tecniche di Pollock.
– Valentina Grandini
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