Qualcuno avverta Flavia Barca e Ignazio Marino che a Roma la cultura è in pieno tracollo. Il poco interesse dell’amministrazione fa pagare un conto amaro ai musei: Macro -56% di visitatori
Roma, giacimento culturale d’incommensurabile valore, da eleggere a metafora dell’Italia tutta e di quell’ipotetica capacità di fare della cultura la vera macchina trainante del Paese: il famoso asset, intimamente connesso a quello altrettanto strategico del turismo, viene continuamente citato, come un ossessivo refrain, fra convegni, tavole rotonde, talk, arene televisive, articoli di quotidiani e di […]
Roma, giacimento culturale d’incommensurabile valore, da eleggere a metafora dell’Italia tutta e di quell’ipotetica capacità di fare della cultura la vera macchina trainante del Paese: il famoso asset, intimamente connesso a quello altrettanto strategico del turismo, viene continuamente citato, come un ossessivo refrain, fra convegni, tavole rotonde, talk, arene televisive, articoli di quotidiani e di magazine specializzati. Tutti ne parlano, tutti difendono il senso di questa battaglia, ma qualcosa manca. Che non è, banalmente, il denaro (sperperato, disperso, male investito e non di rado rubato). Ma la volontà, la ratio, la capacità di rischiare e di investire per invertire una tendenza. Nella consapevolezza che una via differente andrebbe tentata, all’interno di un sistema europeo distorto ed incompiuto, destinato a strangolare sovranità politica ed economica, a sacrificare il lato creativo della politica stessa e ad indebolire le specificità territoriali.
Un quadro sconfortante, che fa a pugni con la verità della Nazione. Verità raccontata dai numeri, prima ancora che dai valori, dalle intelligenze, dai contenuti. E i numeri, nel caso della Capitale, ce li sciorina oggi la ricerca “Cultura, Impresa E Territorio. La cultura nell’economia romana per il sistema delle imprese e per i cittadini”, frutto dell’osservatorio condotto per il terzo anno consecutivo da Federculture e dalla Camera di Commercio di Roma, presentata questa mattina al Palazzo delle Esposizioni.
Partiamo da quelli positivi, indicativi del potenziale che c’è: Roma conta 215 luoghi di cultura appartenenti al sistema museale, che raccolgono un totale di 12.260.542 visitatori e producono un fatturato di 16.587.775 euro, derivato dalla vendita di biglietti; 1.222 biblioteche, di cui 11 strutture statali; 2 Archivi di Stato; 281 beni paesaggistici, sottoposti a vincolo, e 40 aree protette; 477.719 spettacoli, che richiamano 25.520.102 partecipanti a pagamento, per un totale di 285.690.683,24 euro di spesa al botteghino e un volume di affari di 388.294.455,44 euro; 232 case editrici attive, che stampano 8.043 titoli, per un totale di 11.878.000 copie messe sul mercato; 403 librerie indipendenti e 54 librerie di catena; 451 imprese di produzione audiovisiva, con un fatturato di 759.713.607 euro; 16 università, tra statali e non statali, tutte ubicate nell’area metropolitana, che registrano 314.371 studenti, e 37.054 laureati; 7 istituti di Alta Formazione Artistica e Musicale (AFAM), per 4.457 iscritti nell’anno scolastico 2011-20112 e 617 diplomati nel 2011.
Quanto basta per affermare, nuovamente, che la cultura è – o potrebbe essere – il motore principale dello sviluppo del Paese. E veniamo alle note dolenti. A fronte di tale ricchezza, Federculture registra però diverse oscillazioni in negativo, parlando di una “diffusa crisi della partecipazione dei cittadini alla vita culturale”, registrando nella prima parte del 2013 un vero e proprio crollo di alcuni settori: nel teatro, ad esempio, la diminuzione nella spesa del pubblico è del 18,5%, per le mostre addirittura del 27%, mentre va un po’ meglio il cinema che comunque vede un calo al botteghino solo del 3%. E a proposito di mostre, come sta il Macro ce la raccontano – qualora non bastasse la triste cronaca degli ultimi mesi – questa rilevazione: il Museo d’Arte Contemporanea della città di Roma porta a casa nel 2013 un crollo del 56% di ingressi, con solo 78mila visitatori, mentre il Macro Testaccio perde addirittura il 62% del suo pubblico. Tragico a dir poco. Seguono a ruota i Musei Capitolini, col -13%, mentre risollevano un po’ il morale l’Ara Pacis, con un +12%, e la Centrale Montemartini con +30%. Va meglio per l’Azienda Speciale Palaexpo che, grazie agli eccellenti risultati delle Scuderie del Quirinale (+75% di visitatori), registra un generale +24,4% di ingressi. Ma a stonare è il dato su Palazzo delle Esposizioni, che sta un preoccupante -24% di biglietti staccati.
E il turismo? Se la Città eterna è ancora indiscussa meta di turisti internazionali, con quasi 12 milioni di arrivi e 30 milioni di presenze nel 2012, il dato dolente è quello relativo alla durata media del soggiorno: calo della permanenza media dei turisti negli ultimi 5 anni pari al 26,7% , con la spesa turistica che dal 2012 tende a diminuire, laddove in altre capitali come Barcellona e New York è cresciuta (rispettivamente del 25% e del 9,5%). E come è noto, la vera sfida non è solo fare arrivate il turista, ma riuscire a trattenerlo, stimolando l’indotto, dalla ristorazione, al sistema museale, passando per negozi e locali. “Emerge, dunque”, si legge nella sintesi del rapporto, “una disaffezione di residenti e turisti verso l’offerta di cultura presente nel territorio, che è anche strettamente connessa alla difficoltà e alle incertezze che vivono le aziende pubbliche di produzione culturale”.
E veniamo al punto forse più oscuro e centrale della questione. Il sistema delle aziende culturali pubbliche romane, di cui la ricerca indaga a fondo i bilanci e l’attività istituzionale, ha generato in passato circa 265 milioni di euro l’anno, producendo nel tempo qualità e ricchezza, e coinvolgendo i privati nella gestione di spazi e attività culturali, così da pesare sempre meno sui bilanci pubblici. Oggi, però, si è inceppato. E il cosa e il perché ce li racconta no i ricercatori, parlando di un sistema indebolito “da mancanza di un chiaro indirizzo di governance pubblica, da un quadro normativo incerto e per molti aspetti penalizzante e da un non sicuro impegno finanziario da parte delle amministrazioni di riferimento”. Il risultato? Un impoverimento complessivo del panorama culturale della Capitale, con ricadute nefaste anche sull’economia connessa.
Tirando le somme, il senso è uno solo: l’incertezza politico-amministrativa che Roma – come moltissime altre città italiane – sta vivendo, è un massacro per musei, teatri e strutture culturali. E i numeri lo testimoniano plasticamente. A reggere sono le grandi mostre, i grandi nomi, il richiamo turistico più popolare. Ma là dove si chiedono progettualità culturale, ricerca, sperimentazione, produzione, nonché costruzione di un discorso ed un linguaggio sulla lunga gittata (il compito di un Macro, ad esempio), il tracollo è dolorosissimo. Porre rimedio non è più una questione di dovere o di principio, ma di necessità. O si cambia direzione o ci si schianta.
– Helga Marsala
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