Roma saluta l’apertura del Teatro di Villa Torlonia, dopo oltre un secolo di stallo. Terminati i lavori di restauro, parte una stagione di spettacoli, laboratori e residenze
Il primo e unico spettacolo pubblico risale al 1905. Un tempo infinito, di abbandono, di incertezza e poi di lento recupero, per arrivare oggi a riappropriarsi di un pezzo di storia dell’architettura capitolina: Roma celebra la riapertura del Teatro di Villa Torlonia, dopo un complesso lavoro di restauro e di adeguamento funzionale, finanziato da Roma Capitale con […]
Il primo e unico spettacolo pubblico risale al 1905. Un tempo infinito, di abbandono, di incertezza e poi di lento recupero, per arrivare oggi a riappropriarsi di un pezzo di storia dell’architettura capitolina: Roma celebra la riapertura del Teatro di Villa Torlonia, dopo un complesso lavoro di restauro e di adeguamento funzionale, finanziato da Roma Capitale con il contributo di Pirelli SPA, sulla base di un accurato progetto promosso dalla Sovrintendenza. Un’architettura gioiello, trasformata in raffinata macchina scenica, perfetta come spazio teatrale e museale.Entrando a far parte della rete Casa dei Teatri e della Drammaturgia Contemporanea, gestita da Zetema Progetto Cultura, con la direzione di Emanuela Giordano, Villa Torlonia ospiterà incontri, spettacoli e laboratori promossi da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, mentre tramite bando pubblico saranno individuate quattro compagnie a cui offrire delle residenze creative della durata di quattro settimane ciascuna (dal 1 febbraio al 31 maggio 2014): ospitalità, produzione e infine presentazione al pubblico del lavoro svolto.
Le origini di questa splendida architettura portano indietro fino a due secoli fa: nel 1841 il principe Alessandro Torlonia commissionò all’architetto Quintiliano Raimondi la progettazione dello spazio, che avrebbe dovuto accogliere il banchetto per le sue nozze con Teresa Colonna. Opera rivelatasi decisamente complessa, portata a termine solo nel 1874. Oltre agli spazi scenici erano stati realizzati degli ambienti laterali, pensati per accogliere gli ospiti durante cene e ricevimenti privati. Nell’eclettismo culturale che rispecchiava i gusti dell’epoca, il corpo centrale si distingue per uno stile classico, maestoso, solenne, mentre altri angoli – dalla serra in vetro e ghisa, al prospetto meridionale – rivelano richiami tipicamente nordici, a cui si aggiungono il carattere gotico e quello moresco di alcune sale, oltre a stanze con imitazioni di pitture greche e romane.
Il difficile restauro ha voluto unire recupero filologico degli ambienti originari e delle decorazioni – quasi tutte opera dell’artista Costantino Brumidi – e un radicale aggiornamento di impianti e apparati tecnologici, funzionali alle odierne esigenze sceniche, espositive e di fruizione. Così commenta l’assessore alla cultura del Comune di Roma, Flavia Barca: “Attivare un sistema di residenze nella nostra città può rappresentare una risposta all’esigenza di riequilibrio e di nuova distribuzione sui diversi territori dell’offerta di cultura, oltre ad essere una possibilità reale di stimolare e promuovere la creatività, secondo buone pratiche già affermate in Italia e all’estero, come al The Place di Londra, al Dansateliers di Rotterdam, al Centquatre di Parigi, alla Casa Encendida di Madrid, al Bethanien di Berlino”. Modelli internazionali, dunque, e la volontà di sfruttare appieno le potenzialità del luogo, in chiave territoriale: garantendo al pubblico un’apertura costante, con visite guidate a prezzi favorevoli, e offrendo agli artisti una casa istituzionale, in cui mettere in cantiere nuovi progetti.
E nel chiederci se alla fine sia proprio uno prezioso teatro dell’Ottocento a presentare le caretteristiche ideali – di spazi, di orari, di servizi – per accogliere come residenza/laboratorio compagnie che fanno ricerca contemporanea, la soddisfazione per la fine di un cantiere così lungo e impegnativo è indubbia. Impossibile, però, non rammentare quando le lungaggini burocratiche e e goffaggini politiche abbiano, a suo tempo, lasciato fallire un interessante progetto che avrebbe dovuto riguardare Villa Torlonia. Pirelli, main sponsor del progetto di restauro (con 2,5 milioni di euro stanziati), secondo originari accordi avrebbe dovuto occuparsi anche dei contenuti, avendo vinto nel 2007 il bando pubblico che affidava la gestione per sei anni. Ma quel verbo al condizionale rivela già l’epilogo di una delle tante storie italiane di inconcludenza patologica: se a Milano il progetto di Pirelli per all’Hangar Bicocca andò avanti spedito, inaugurando già nel 2004, a Roma la faccenda finì per sfilacciarsi tra incomprensibili impasse, dietrofront, blocchi dei cantieri, bizantinismi vari e dispersioni di energie, nonostante i fondi fossero stati individuati.
Nel 2012, con apposito bando, il Teatro di Villa Torlonia, insieme a una vasta rete di spazi, sarà assegnato alla società Zètema Progetto Cultura. L’antico progetto di Pirelli per villa Torlonia? Qualcosa di simile alla reatà della Bicocca milanese: un centro internazionale dedicato alla performance e alle grandi installazioni d’arte contemporanea, con la possibile direzione di Germano Celant. Un sogno rimasto sulla carta.
– Helga Marsala
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